Stewart Brand il padre dei motori di ricerca

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S. Brand


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Stewart Brand (Rockford, 14 dicembre 1938)

E’ autore, curatore editoriale, e creatore del Whole Earth Catalog e di CoEvolution Quarterly. Lo scopo di Whole Earth Catalog era di permettere al lettore di trovare praticamente ogni informazione utile, a partire dall’idea che gli umani avrebbero quindi sviluppato una tecnologia ed una cultura nuova, positiva e sostenibile; in questo senso le sue idee anticipavano l’avvento di Internet. Ha fatto parte del gruppo di futurologi che ha partecipato alla preparazione del film Minority Report.

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Nel 1968 ha pubblicato la prima edizione del Whole Earth Catalog, il leggendario eco-catalogo che Steve Jobs ha definito “Google in versione cartacea” e che gli è valso lo US National Book Award.


Il Padre dei motori di ricerca

Oramai sappiamo tutti cos’è un motore di ricerca.. Consultiamo Google ogni giorno e non avete certo bisogno che io vi spieghi cos’è!


Diciamo che è un potente aggregatore di una certa categoria di contenuti. Praticamente è uno strumento che mette ordine nella giungla di informazioni presenti in un contesto come Internet e le restituisce agli utenti già filtrate ed ordinate secondo degli specifici interessi.

In un certo senso potremmo, allora, aggiungere che anche un’enciclopedia può essere considerata una sorta di motore di ricerca, perché altro non è che un insieme di contenuti ordinato secondo parametri ben definiti.
Ma i più attenti di voi si saranno già accorti della differenza, fondamentale, che c’è tra Google e la Treccani. Sul Web vengono quotidianamente pubblicati un’indefinita quantità di contenuti nuovi e incessantemente gli spider dei motori leggono le pagine che circolano in Rete aggiornando costantemente gli indici salvati e, di conseguenza, le SERP. L’enciclopedia è, invece, un insieme finito di informazioni ed i contenuti presenti in essa sono limitati. Un motore di ricerca è DINAMICO, quasi liquido, in continuo movimento e, per questo, imprevedibile; l’enciclopedia è STATICA, certa, immutabile.

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Possiamo, ancora, aggiungere che il sapere presente in un’enciclopedia è UNIDIREZIONALE, parte da chi sa per arrivare a chi non sa e ha curiosità o necessità di conoscere o approfondire qualcosa.
Il sapere presente in Rete e restituito dai motori di ricerca è, invece, condiviso, senza confini e con potenzialità che tendono all’infinito.
Eppure, se andiamo all’origine di tutto, scopriamo che l’antesignana del motore di ricerca è stata una pubblicazione cartacea, somigliante ad un’enciclopedia nella sua forma, pertanto, ma realmente più simile ad un motore nella sua sostanza.
Siamo nel 1968, negli Stati Uniti, e Stewart Brand, un bizzarro e creativo biologo, pubblica il primo numero di The Whole Earth Catalog, che diventerà nel giro di breve tempo una rivista cult per i giovani di quell’epoca.

Siamo nel ’68, trent’anni prima della nascita di Google. E Stewart Brand, un vero genio, lasciatemelo dire, pubblica il primo numero di The Whole Earth Catalog, il cui nome è già tutto un programma: Il Catalogo della Terra tutta intera.

Sono gli anni in cui Stewart va in giro per l’Università di Berkeley a distribuire volantini adesivi con  su scritto: NASA: why haven’t we seen a photo of the whole Earth yet? (NASA: perché non abbiamo ancora visto una foto della Terra tutta intera?)
Ora, che una certa dose di imprevedibile follia animasse il giovane Brand è indiscutibile, ma il fuoco che lo spingeva a fare volantinaggio nel campus dell’Università era alimentato dall’ideale, alto, sottolineerei, di contribuire ad abbattere le barriere del forte razzismo che dilagava in quegli anni. Stewart era, infatti, convinto che, se gli uomini avessero visto la foto della Terra circondata dal nulla profondo dello Spazio, avrebbero percepito emotivamente di far parte di un tutt’uno, di un’unica Terra, di un’unica patria da condividere e proteggere perché bene comune di tutti.
Con questo spirito pubblica il primo numero della rivista (ve lo racconto che in copertina campeggiava una foto della Terra vista dall’alto? Ovviamente tutta intera!), che, poi, alla fine, era un catalogo che annoverava un elenco di materiali, attrezzi da lavoro, libri, mappe e qualsiasi altra cosa potesse rivelarsi utile alla comunità, con tanto di prezzi e fornitori.

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cosa c’è di così innovativo in un elenco di oggetti ed informazioni?

L’intento, rivoluzionario, della condivisione. Stewart, infatti, chiedeva espressamente commenti ed aggiornamenti ai suoi stessi lettori che via via venivano pubblicati nei numeri successivi. Così come la Terra era un bene della comunità, anche il sapere era un bene da
condividere, in cui ogni singolo era un indiscusso ed indiscutibile protagonista.
La rivista ebbe un grande successo di pubblico e Brand ed i suoi collaboratori continuarono a pubblicarla fino al 1972, quando uscì il numero intitolato The last Whole Earth Catalog, che sarebbe dovuto essere l’ultimo, anche se poi, per amor di cronaca, non fu veramente così.

Volete sapere cosa c’era sulla copertina?

La foto di una strada di campagna accompagnata dalla frase “Stay Hungry, Stay Foolish”, il famoso mantra che ormai spopola da quando Steve Jobs, altro genio, lo usò per chiudere lo splendido discorso tenuto agli studenti dell’Università di Stanford nell’ormai lontano 2005. E chi di voi ha avuto l’attenzione di ascoltare quel discorso fino in fondo, sa che lo stesso Jobs raccontò di Stewart Brand, confessando la sua passione giovanile per il Whole Earth Catalog da lui stesso definito “il progenitore di Google”.

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