Tra scienza e paradosso

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Tra scienza e paradosso


“Meglio ripetere una verità già nota che cincischiarmi l’intelligenza con paradossi brillanti che fanno sorridere, ma non pensare.”
ANTONIO GRAMSCI

I paradossi si presentano in ogni forma e colore. Alcuni sono tradizionali contraddizioni logiche, in cui c’è poco da indagare, mentre altri sono solo la punta di iceberg che rappresentano intere discipline scientifiche. Molti si possono risolvere con un’attenta considerazione delle ipotesi su cui sono basati, che possono essere fallaci. Questi, a rigor di logica, non si dovrebbero chiamare paradossi, perché una volta risolto, un rompicapo non è più un paradosso.
Un vero paradosso è un’affermazione che porta a un ragionamento circolare e contraddittorio oppure a una situazione logicamente impossibile. Ma generalmente si tende a usare la parola «paradosso» in un significato più ampio, a includere quelli che io preferisco chiamare «paradossi percepiti». Per questi, esiste una via d’uscita: magari il paradosso nasconde un trucco, un gioco di prestigio che deliberatamente porta il lettore fuori strada. Una volta scoperto il trucco, la contraddizione sparisce.


Un altro tipo di paradosso percepito è quello in cui la conclusione sembra assurda o perlomeno controintuitiva, fino a che risulta non essere tale dopo attenta disamina, anche se il risultato rimane in qualche modo sorprendente.
E poi abbiamo la categoria dei paradossi nella fisica, che si possono quasi tutti risolvere con un po’ di conoscenze fondamentali.
Quindi iniziamo a dare un’occhiata a un vero paradosso logico, così che sia chiaro di cosa non parlerò. Si tratta di un’affermazione costruita in maniera tale da non aver modo di sfuggire alla contraddizione.
Ecco un altro giochetto mentale che sembra paradossale, la cui natura contraddittoria però scompare una volta spiegato.


La frase seguente: «Quest’affermazione è falsa». A prima vista, immagino che le parole, una per una, risultino abbastanza sensate. Tuttavia, se si pensa al loro significato, considerando attentamente le implicazioni dell’affermazione, il paradosso logico diventa evidente. Possibile che quattro parole in fila possano farci venire il mal di testa? Se è così, mi viene da pensare che sia un mal di testa divertente (il che è forse un paradosso in se stesso), un mal di testa che ci divertiremo a infliggere ad amici e parenti.Infatti, l’affermazione «Quest’affermazione è falsa» dice che, essendo essa falsa, deve quindi non essere falsa, e quindi dev’essere vera, cioè l’affermazione è falsa, il che significa che non è falsa, e così via, in un circolo vizioso infinito.

Scozzesi ed Inglesi

Uno scozzese si sposta dalla Scozia in Inghilterra, il quoziente d’intelligenza medio di entrambi i paesi aumenta. La spiegazione è la seguente: poiché gli scozzesi sono più intelligenti degli inglesi, il quoziente d’intelligenza medio dell’Inghilterra aumenta se uno scozzese si trasferisce lì; del resto, lasciare la Scozia e andare a vivere in Inghilterra è una cosa talmente sciocca che solo uno degli scozzesi meno intelligenti può farlo, e quindi, quando se ne va, la media del quoziente d’intelligenza in Scozia sarà leggermente maggiore di prima. Quindi vedete bene che, se a prima vista l’affermazione sembra paradossale, in realtà un semplice ragionamento logico la risolve con eleganza, anche se magari non in maniera molto convincente per gli inglesi, naturalmente.

L’enigma del dollaro mancante

Tre viaggiatori una notte si fermano in un albergo. L’impiegato all’accettazione chiede 30 dollari per una camera con tre letti. I viaggiatori decidono di dividere il conto, pagando ognuno dieci dollari, prendono la chiave e si avviano verso la loro stanza.
Qualche minuto dopo l’impiegato si accorge di essersi sbagliato, poiché in quel periodo l’albergo faceva un’offerta speciale e il prezzo della camera era solo 25 dollari. Per non trovarsi nei guai col suo capo, prende cinque dollari dalla cassa e corre su per rimediare all’errore. Mentre sta salendo, si rende conto di non poter dividere i cinque dollari in parti uguali per i tre clienti, quindi decide di dare un dollaro a ognuno, e tenersi gli altri due per sé. Così, pensa, siamo tutti contenti. E qui sorge il problema: ognuno dei tre amici avrà pagato nove
dollari per la stanza, che fa 27 dollari in tutto, e l’impiegato si è tenuto due dollari, che fa 29. Dov’è finito l’ultimo dollaro dei 30 iniziali?

Ci siete arrivati? Vedete, la storia sembra paradossale per via della maniera fuorviante in cui viene raccontata. L’errore nel ragionamento è sommare i 27 dollari con i due presi dall’impiegato: non c’è ragione di farlo, perché non c’è più un totale di 30 dollari di cui rendere conto. I due dollari dell’impiegato devono essere sottratti dai 27 pagati dagli ospiti, il che lascia 25 dollari, cioè l’ammontare nella cassa.

Il paradosso del compleanno
Questo è uno dei paradossi veridici più noti. Al contrario dei due esempi precedenti, qui non c’è trucco, non c’è falla nel ragionamento o gioco di prestigio nel modo di raccontare.
Potete credere alla soluzione oppure no, ma vi assicuro che è perfettamente corretta e coerente, sia dal punto di vista matematico sia da quello logico. In un certo senso, questa frustrazione rende il paradosso ancora più divertente.
Eccolo qui:
Quante persone ci devono essere in una stanza perché la probabilità che due di loro festeggino il compleanno lo stesso giorno sia maggiore del 50%, ovvero sia più probabile che due di loro condividano lo stesso compleanno piuttosto che tutti siano nati in un giorno diverso dell’anno?
Prima di tutto, applichiamo un po’ di ingenuo buon senso (che naturalmente ci condurrà fuori strada). Dato che ci sono 365 giorni in un anno, immaginiamo di avere un’aula magna con 365 posti a sedere. Cento studenti entrano nell’aula e ciascuno si siede in un posto a caso. Alcuni amici si siederanno vicini, altri preferiranno nascondersi nell’ultima fila per schiacciare un pisolino senza essere notati, mentre i più studiosi si siederanno nelle prime file. Ma in ogni modo, resta il fatto che più dei due terzi dei posti rimarranno vuoti. Ovviamente nessuno studente si siederà in un posto già occupato, ma in ogni caso abbiamo la netta sensazione che non sia tanto probabile che due studenti vogliano esattamente lo stesso posto, visto quanto spazio c’è.
Se ora applichiamo questo ragionamento di buon senso al problema del compleanno, potremmo pensare che la probabilità che due dei cento studenti compiano gli anni lo stesso giorno sia ugualmente piccola, giacché ci sono altrettanti compleanni da scegliere quanti sono i posti a sedere.
Magari ci saranno due studenti nati lo stesso giorno, ma intuitivamente pensiamo che la probabilità sia meno del 50%, pensiamo che questo sia meno probabile, rispetto al fatto che tutti siano nati in giorni diversi.
Naturalmente, con 366 persone, non c’è bisogno di spiegare perché siamo sicuri che almeno due siano nate nello stesso giorno. Ma quando il numero di persone si riduce, le cose si fanno interessanti.
In realtà, per quanto sembri incredibile, con sole 57 persone la probabilità che due siano nate lo stesso giorno arriva al 99%.
Cioè, con solo 57 persone, siamo quasi certi che due siano nate lo stesso giorno! Questo è già abbastanza difficile da credere.
Ma la risposta all’indovinello iniziale: «il numero di persone necessarie perché la probabilità che due festeggino il compleanno lo stesso giorno sia maggiore del 50%» è un numero molto minore di 57. Di fatto ne bastano ventitré!
Molti trovano questa risposta sorprendente a prima vista, e continuano a non crederci fino in fondo anche quando sono rassicurati della sua esattezza, perché intuitivamente è molto difficile da credere. Quindi analizziamo con attenzione la matematica, che cercherò di spiegare il più chiaramente possibile.
Prima di tutto, semplifichiamo il problema dimenticandoci degli anni bisestili, supponiamo che tutti i giorni dell’anno abbiano la stessa probabilità di essere il compleanno di qualcuno e che non ci siano gemelli nella stanza.
L’errore commesso da molti è di pensare che bisogna confrontare due numeri: il numero di persone nella stanza e il numero di giorni dell’anno. Quindi, siccome le 23 persone hanno 365 giorni da scegliere per il loro compleanno, sembra molto più probabile che i loro compleanni si eviteranno, piuttosto che il contrario. Ma questo modo di guardare il problema è fuorviante. Per capire se due persone hanno lo stesso compleanno, dobbiamo considerare le persone a coppie, non una alla volta, e dobbiamo considerare il numero di possibili coppie presenti. Cominciamo con il caso più semplice; con solo tre persone abbiamo tre possibili coppie: AB, AC e BC.
Con quattro persone abbiamo sei coppie: AB, AC, AD, BC, BD e CD. Con 23 persone risultano esserci 253 diverse coppie.
Vedete bene come sia più facile pensare che una di queste 253 coppie di persone sia nata lo stesso giorno dell’anno, su 365 possibili.
Il modo per fare i calcoli correttamente è cominciare con una coppia, continuare ad aggiungere gente e vedere come cambia la probabilità. Questo si fa non già calcolando la probabilità di condividere un compleanno, ma piuttosto calcolando la probabilità che ogni nuova persona abbia un compleanno diverso da tutte quelle già presenti. Quindi, la probabilità che la seconda persona eviti il compleanno della prima è 364/365, perché tutti i giorni tranne uno sono buoni. La probabilità che la terza persona eviti il compleanno delle altre due, quindi, è 363/365, ma non dobbiamo dimenticarci del fatto che i primi due sono nati in giorni diversi. Nella teoria della probabilità,
quando dobbiamo calcolare la probabilità che due eventi diversi accadano contemporaneamente, dobbiamo moltiplicare la probabilità del primo evento con la probabilità del secondo evento. Quindi, la probabilità che la seconda persona eviti il compleanno della prima, e che la terza persona eviti il compleanno delle prime due, è 364/365 × 363/365 = 0,9918, cioè il 99,18% circa. Se questa è la probabilità che le tre
persone siano nate in tre giorni diversi, allora la probabilità che due di loro abbiano lo stesso compleanno è circa 1 – 0,9918 = 0,0082, cioè lo 0,82%. Quindi la probabilità che su tre persone due di loro abbiano lo stesso compleanno è molto bassa, come si poteva immaginare.
Ora si continua questo processo, aggiungendo una persona alla volta e moltiplicando le frazioni fra loro per calcolare la
probabilità che ogni nuova persona eviti il compleanno di tutte le altre, finché questa probabilità diventa minore del 50%.
Questo è, ovviamente il punto in cui la probabilità che almenodue persone nel gruppo abbiano lo stesso compleanno diventa maggiore della probabilità che tutte abbiano un compleanno diverso. Risulta che abbiamo bisogno di 23 frazioni, cioè di 23 persone:
364/365 × 363/365 × 362/365 × 36/365 × 360/365 × …… = 0,4927…
← 23 frazioni moltiplicate tra loro →
E quindi la probabilità che due persone su 23 abbiano lo stesso compleanno è circa:
1 – 0,4927 = 0,5073 = 50,73%

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Il paradosso di Monty Hall

Questo rompicapo trae origine dalla scatola di Bertrand, ed è un esempio della potenza di ciò che i matematici chiamano «probabilità condizionale». Si basa su un indovinello più antico, chiamato «dilemma dei tre prigionieri», descritto dal matematico americano Martin Gardner nella rubrica Mathematical Games che teneva sulla rivista «Scientific American» nel 1959. Ma il paradosso di Monty Hall risulta essere, credo, una versione superiore e molto più chiara. Si chiama così perché la sua prima formulazione immaginava una situazione tratta dal gioco a quiz televisivo Let’s Make a Deal, condotto dal carismatico Monte Hall, che una volta entrato nel mondo dello spettacolo cambiò il suo nome in Monty.
Steve Selvin è uno studioso di statistica, professore allaUniversity of California a Berkeley. È un rinomato pedagogo, vincitore di premi per le sue qualità d’insegnante e di mentore.
Come accademico, ha applicato le sue conoscenze matematiche alla medicina, in particolare nel campo della biostatistica. La sua fama mondiale, però, non è dovuta a questi notevoli risultati, bensì a un divertente articolo di mezza pagina pubblicato sulla rivista scientifica «The American Statistician» nel febbraio 1975, che trattava del paradosso di Monty Hall.
Selvin non avrebbe mai immaginato che questo articoletto avrebbe avuto un tale impatto (dopo tutto, «The American Statistician» era una rivista specialistica, letta principalmente da accademici e insegnanti), e in effetti ci vollero quindici anni prima che il problema arrivasse al grande pubblico. Nel settembre 1990 un lettore della rivista «Parade», un settimanale con una tiratura di decine di milioni di copie negli Stati Uniti, propose un indovinello nella rubrica Ask Marilyn nella quale Marilyn vos Savant rispondeva alle domande dei lettori risolvendo i loro indovinelli matematici, giochi mentali ed enigmi logici. Vos Savant divenne famosa verso la metà degli anni ottanta, quando si guadagnò un posto nel Guinness dei primati per il quoziente d’intelligenza più alto mai registrato (185). Il lettore che propose questo particolare quesito era Craig F. Whitaker, che essenzialmente pose a Vos Savant una versione rivisitata del paradosso di Monty Hall. Il seguito fu stupefacente.
La pubblicazione del problema sulla rivista «Parade», e la risposta di Marilyn vos Savant, portarono il quesito all’attenzione nazionale e mondiale. La sua risposta, pur essendo completamente anti-intuitiva, era, come la soluzione originale di Selvin, assolutamente corretta, ma scatenò un’immediata valanga di lettere alla rivista, spedite da insigni matematici, impazienti di dimostrare il suo errore. Ecco alcuni estratti:
Da matematico professionista, sono molto preoccupato per la mancanza di conoscenza matematica in generale. Per favore aiutatemi, confessando il vostro errore e cercando di stare più attenti in futuro.
Avete toppato, e alla grande! Sembra che abbiate delle difficoltà a capire il principio alla base del problema… C’è già abbastanza analfabetismo matematico in questo paese, e sicuramente non abbiamo bisogno che il quoziente d’intelligenza più alto del mondo aiuti a diffonderlo ancora di più. Vergogna!
Posso suggerire di procurarvi un libro di testo qualsiasi sulla teoria della probabilità prima di cercare di rispondere a quesiti del genere in futuro?
Sono sconvolto! Dopo che almeno tre matematici vi hanno corretto, ancora non vedete l’errore.
Forse le donne vedono la matematica in maniera diversa dagli uomini.
Mamma mia, che folla inferocita. E, a seguire, lanci di pomodori e uova marce. Vos Savant ripresentò il problema in un numero successivo, continuando a sostenere la sua soluzione, argomentando chiaramente e con sicurezza, proprio come ci si potrebbe aspettare da una persona con quoziente d’intelligenza 185. Alla fine la storia arrivò sul «New York Times», e ancora il dibattito infuriava (come si può vedere cercando su Internet).
Probabilmente state pensando che questo paradosso è talmente difficile che solo un genio possa riuscire a comprenderlo. Ma non è così. In realtà, ci sono molti modi semplici di risolverlo e su Internet si trovano innumerevoli spiegazioni in articoli, blog, perfino video su YouTube.
Comunque, ora basta con le reminiscenze storiche e le allusioni: ecco il problema. Penso sia giusto iniziare con una citazione dal divertente articolo originale del 1975 di Steve Selvin in «The American Statistician».

Un problema di probabilità
Siamo a Let’s Make a Deal, il famoso gioco a quiz televisivo condotto da Monty Hall.
Monty Hall: Una delle tre scatole chiamate A, B e C contiene le chiavi di quella nuova Lincoln Continental. Le altre due sono vuote. Se sceglie la scatola con la chiave, vince la macchina.
Concorrente: Urca!
Monty Hall: Scelga una scatola.
Concorrente: Prendo la B.
Monty Hall: Ora la A e la C sono sul tavolo, ed ecco qui la B (il concorrente la afferra con forza). Magari le chiavi sono proprio lì! Le offro cento dollari per la scatola.
Concorrente: No, grazie.
Monty Hall: Facciamo duecento.
Concorrente: No.
Pubblico: NOOOO!
Monty Hall: Si ricordi che la probabilità che la sua scatola contenga la chiave è una su tre, mentre la probabilità che sia vuota sono due su tre. Le offro 500 dollari.
Pubblico: NOOOO!
Concorrente: No, penso proprio che terrò questa scatola.
Monty Hall: Guardi, le farò un favore e aprirò una delle altre scatole rimaste sul tavolo (apre la A). È vuota! (Pubblico: applauso). Ora o la scatola C o la sua, la B, contiene le chiavi della macchina. Dato che ci sono due scatole, ora la probabilità che la sua scatola contenga la chiave è una su due, le offro mille dollari per la sua scatola.
UN MOMENTO!
Monty ha ragione? Il concorrente sapeva fin dall’inizio che almeno una delle scatole sul tavolo è vuota. Ora sa che è la scatola A. Questo cambia la probabilità che la chiave sia nella scatola B, da una su tre a una su due? Una delle scatole sul tavolo deve pur essere vuota. Monty ha fatto veramente un favore al concorrente mostrandogli quale delle due scatole è vuota? La probabilità di vincere la macchina
è una su due o una su tre?
Concorrente: Scambio la mia scatola B con la scatola C sul tavolo.
Monty Hall: Che stranezza!
SUGGERIMENTO: Il concorrente sa quello che fa!
Steve Selvin

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Nell’articolo appena citato, Selvin omette una parte cruciale del problema, la cui rilevanza sarà chiara tra poco. Non dice che Monty Hall sa in quale scatola sta la chiave, e quindi può aprire la scatola sul tavolo che è vuota. In realtà, nella descrizione Monty Hall dice: «Le farò un favore e aprirò una delle altre scatole rimaste sul tavolo», e possiamo ipotizzare che questo significhi che Monty Hall sapesse benissimo che la scatola che avrebbe aperto era vuota, ma del resto io il paradosso lo conosco bene. Questo, che può sembrare un particolare irrilevante (d’altra parte, com’è possibile che la probabilità dal punto di vista del concorrente cambi?) risulta invece essere il punto cruciale: tutta la soluzione si basa su cosa sa Monty Hall.
Nel numero di agosto 1975 di «The American Statistician», Selvin dovette chiarire questo punto, perché scoprì, come Marilyn vos Savant quindici anni dopo, che molti altri matematici lo avevano criticato, incapaci di accettare la sua soluzione. Scrisse:
Ho ricevuto un buon numero di lettere sul mio problema di probabilità presentato nel numero di febbraio 1975. Molti lettori sostengono che la mia soluzione sia errata. La soluzione si basa sul fatto che Monty Hall sa in quale scatola si trovano le chiavi.
Per analizzare il problema con più precisione, vi presento (con qualche piccolo cambiamento) la versione più breve, e più famosa, apparsa su «Parade». In questa versione le tre scatole sono sostituite da tre porte.
Supponiamo che vi troviate ospiti di un gioco a quiz e dobbiate scegliere fra tre porte, A, B e C. Dietro a una porta c’è una macchina, dietro a ognuna delle altre due c’è una capra. Voi scegliete una porta, diciamo la A, e il conduttore, che sa dove sta la macchina, apre un’altra porta, la B, e mostra una capra. Volete ora scambiare la vostra porta con la C? È vantaggioso questo scambio?
Naturalmente, il concorrente vorrebbe vincere una macchina molto più di una capra. Questo non viene chiarito, ma l’ipotesi tacita è che il concorrente non sia un ciclista amante delle capre.
Il premio è dietro a una delle tre porte…
Il conduttore del gioco apre la porta B e mostra una capra. Continuate a tenere la porta scelta all’inizio, la A, o la scambiate con la C?

Il paradosso di Monty Hall: il problema.
La risposta di Marilyn vos Savant, così come quella di Selvin anni prima, fu che il concorrente avrebbe sempre dovuto scambiare, perché in questo modo avrebbe raddoppiato la probabilità di vincere, da una su tre a due su tre. Ma come può essere? Qui sta il punto cruciale del paradosso di Monty Hall.
Naturalmente, molti concorrenti cui viene proposta questa possibilità cominceranno a pensare che c’è un trucco da qualche parte. Dato che il premio ha la stessa probabilità di trovarsi dietro a ogni porta, perché non mantenere la scelta originale, cioè tenere la porta A? Certamente la macchina ha ora la stessa probabilità di stare dietro la porta A o la porta C, e non dovrebbe fare alcuna differenza mantenere la scelta sulla A o cambiarla per la C.
Se Monty Hall, che sa dove si trova la macchina, apre la porta B e mostra una capra, allora avete una probabilità su tre di vincere la macchina se tenete la porta scelta all’inizio, la A, mentre le probabilità salgono a due su tre se passate alla C.
1 probabilità su 3 se tenete la A
2 probabilità su 3 se passata alla C

Il paradosso di Monty Hall: la risposta.
Tutto ciò sembra piuttosto confuso e poco chiaro, e si può capire perché perfino dei matematici professionisti si siano sbagliati. Di seguito trovate diversi modi di spiegare il paradosso.
Contare le probabilità
Questo è il metodo più accurato, metodico e a prova di bomba per dimostrare che sì, scambiando le porte la probabilità di vincere raddoppia. Ricordate, originariamente il concorrente aveva scelto la porta A; Monty Hall, che sa dove sta la macchina, apre una delle altre porte e mostra una capra, offrendo al concorrente la possibilità di scambiare la sua porta A con la C.
Consideriamo il caso di tenere la porta A.
La macchina aveva la stessa probabilità di trovarsi dietro a ognuna delle tre porte.
▫ Se è dietro ad A, non importa quale di B o C venga aperta:VINCE.
▫ Se è dietro a B, la porta C viene aperta, e tenendo A: PERDE.
▫ Se è dietro a C, la porta B viene aperta, e tenendo A: PERDE.
Quindi c’è una probabilità su tre di vincere la macchina tenendo la porta A.
Ora consideriamo l’opzione di cambiare la scelta.
Di nuovo, all’inizio la macchia aveva la stessa probabilità di trovarsi dietro a ognuna delle tre porte.

▫ Se è dietro ad A, non importa quale di B o C venga aperta:PERDE.

▫ Se è dietro a B, la porta C viene aperta, e cambiando da A a B: VINCE.

▫ Se è dietro a C, la porta B viene aperta, e cambiando da A a C: VINCE.

Quindi ci sono due possibilità su tre di vincere scambiando la porta.
Senza matematica: dimostrazione di buon senso
Questa non è una dimostrazione in senso stretto, ma piuttosto un modo non matematico di rendere la soluzione più facile da accettare.
Consideriamo il caso in cui si abbiano non solo tre porte ma mille: dietro a una si trova la macchina, e dietro alle altre 999 delle capre. Ne scegliete una a caso, diciamo la numero 777.
Naturalmente potete avere scelto proprio quella per un’infinità di ragioni, ma resta il fatto che, in assenza di abilità ultrasensoriali, avete una probabilità su mille di aver scelto laporta giusta. Supponiamo ora che Monty Hall, che sa dov’è la macchina, apra tutte le altre porte, mostrando capre dietro a ognuna di esse, eccetto la numero 238. Eccovi lì, a guardare le 998 capre e due porte chiuse: la vostra porta numero 777 e la 238. A questo punto, tenete la 777 o cambiate?
Non vi viene il dubbio che c’è qualcosa di sospetto nel fatto che il presentatore ha lasciato chiusa proprio quella porta lì, che magari lui ha qualche informazione che non avevate voi quando avete scelto a caso la porta 777? Ricordate, lui sa dov’è la macchina. Vi osserva scegliere a caso una porta che con grandissima probabilità, una su mille, nasconde una capra. Poi apre 998 porte con dietro delle capre. Non vi sentireste irrimediabilmente attirati dalla porta ancora chiusa?
Naturalmente sì, e avreste ragione: la macchina è quasi sicuramente dietro alla porta 238, deliberatamente lasciata chiusa da Monty.
Per descrivere questo ragionamento in modo più matematico, possiamo osservare che la scelta iniziale divide le porte in due insiemi. Il primo insieme contiene solo la porta che avete scelto, e la probabilità che la macchina sia lì è una su tre (o una su mille, nella versione estesa). Il secondo insieme contiene tutte le altre porte, e quindi la probabilità che la porta vincente sia tra queste è due su tre (o 999 su 1000). Aprire una (o 998) porte nel secondo insieme, e mostrare la capra, e quindi con probabilità zero di essere la porta vincente, lascia il secondo insieme con una porta sola, ma la probabilità totale che questa sia la porta giusta è ancora due su tre (o 999 su 1000) perché eredita la probabilità che la macchina sia dietro a una porta qualunque del secondo insieme. Aprire le porte con le capre non cambia la probabilità che la macchina stia dietro a una delle porte nel secondo insieme.
Il ruolo della conoscenza a priori
Di sicuro a questo punto sarete convinti, ma in caso abbiate ancora dei dubbi che vi tormentano, ecco un altro esempio che secondo me sottolinea chiaramente la distinzione chiave tra avere conoscenza a priori o meno.
Supponiamo di voler comprare due gattini. Chiamiamo il negozio di animali e il proprietario ci dice che due gattini fratelli sono appena arrivati in negozio quel giorno, uno nero e uno tigrato. Chiediamo se sono maschi o femmine e consideriamo due possibili risposte del negoziante:
a) Dice: «Ne ho controllato uno, ed è maschio». Con questa sola informazione, qual è la probabilità che entrambi i gattini siano maschi?
b) Dice «Ho controllato quello nero, ed è maschio». Qual è in questo caso la probabilità che entrambi siano maschi?
La risposta non è la stessa nei due casi. Sebbene in entrambi i casi sappiamo che almeno uno dei gatti è maschio, è solo nel secondo caso che sappiamo quale. Questa informazione in più cambia le probabilità; vediamo come.
Iniziamo elencando tutti i possibili casi:
Nero Tigrato
1 Maschio Maschio
2 Maschio Femmina
3 Femmina Maschio
4 Femmina Femmina
Consideriamo ora la prima risposta del negoziante: uno dei due è maschio. Questo ci dice che le possibilità sono in tutto tre, le prime tre nella tabella: entrambi maschi, il nero è maschio e il tigrato è femmina, o il nero è femmina e il tigrato è maschio. Quindi c’è una probabilità su tre che siano entrambi maschi. Però, se la risposta del negoziante è: quello nero è maschio, questa informazione aggiuntiva elimina le opzioni 3 e 4 nella tabella, lasciando solo due possibilità, o sono entrambi maschi, o il nero è maschio e il tigrato è femmina. Ora la probabilità che siano entrambi maschi è una su due. Quindi, vedete bene che la probabilità che entrambi i gattini siano maschi cambia da una su tre a una su due non appena sappiamo quale dei due gatti è maschio. Questa è esattamente la stessa situazione del paradosso di Monty Hall.
Ma, un momento, sento lo scettico commentare: con la storia dei gattini, il negoziante vi ha fornito l’informazione in più proprio per permettervi di fare i conti delle probabilità, mentre Monty Hall non ha fatto niente del genere. Questa obiezione ci porta alla parte finale della spiegazione: alla fine, possiamo mettere a nudo la questione che ha confuso così sia i lettori dell’articolo di Selvin in «The American Statistician» nel 1975, sia i lettori della spiegazione di Marilyn vos Savant in «Parade» nel 1990. Dobbiamo, temo, tornare ancora una volta a Monty Hall.
Consideriamo la situazione in cui Monty Hall non sa dove sia la macchina. Ora, se apre la porta B a rivelare una capra, allora in verità la probabilità che la macchina sia dietro alla porta A o alla C è la stessa. Com’è possibile? Immaginiamo di giocare a questo gioco, con le tre porte, 150 volte. Prima di cominciare, ogni volta un giudice indipendente sposta la macchina a caso tra le tre porte, e nemmeno Monty Hall sa dove sia. Ora, se scegliete una porta e Monty Hall ne apre una a caso delle altre due, questa rivelerà la macchina in media un terzo delle volte.
Statisticamente, circa 50 delle 150 volte. In ognuno di questi casi, naturalmente, il gioco è finito: avete perso. Quindi restano 100 volte in cui Monty Hall apre la porta e c’è una capra dietro alla porta B. In ognuno di questi casi la probabilità che la macchina sia dietro alla vostra porta è una su due, e non c’è ragione di cambiare. Cioè, in 50 casi la macchina sarà dietro la vostra porta, la A, e negli altri 50 casi sarà dietro alla porta C.
Aggiungiamo i 50 casi in cui la macchina è dietro alla porta B, aperta da Monty, e abbiamo tre insiemi di 50, che evidenziano l’eguale probabilità che la macchina sia dietro a ognuna delle tre porte.
Naturalmente, se Monty sa dov’è la macchina, non avrebbe mai aperto la porta giusta. Quindi, diciamo che voi scegliete sempre la porta A. In 50 dei 150 casi, la macchina è proprio dietro alla porta A, e quindi voi avete una possibilità su tre di vincere se non cambiate. Negli altri 100 casi, metà delle volte la macchina è dietro C, e Monty apre la porta B, e l’altra metà delle volte la macchina è dietro B e Monty apre la porta C. In tutti i 100 casi, Monty apre la porta con la capra, lasciando la macchina dietro l’altra. Quindi, cambiando sempre, si vince la macchina in cento casi su 150: due possibilità su tre.
Provare per credere.
Nel suo ultimo intervento su questo argomento, Marilyn vosSavant annunciò il risultato di oltre mille esperimenti condotti nelle scuole per verificare la soluzione del problema. In quasi ogni caso i risultati confermarono che cambiare è l’opzione più vantaggiosa.

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