Achille e la tartaruga. Il moto è illusione!

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Il Dio Tappabuchi fu introdotto dal fisico Robert Boyle nel secolo XVII, e in seguito è stato variamente e comodamente invocato come la spiegazione di tutto ciò che la scienza lascia ancora inspiegato, dalla stabilità del sistema solare nel Settecento, alla nascita della vita nell’Ottocento. Le fortune di questo Dio sono però, ovviamente, inversamente proporzionali a quelle della scienza: più essa avanza, spiegando ciò che in precedenza sembrava inspiegabile, più egli indietreggia. Come dimostra la versione di Jean Guitton, il Dio Tappabuchi è ora relegato oltre i confini dell’universo.

Piergiorgio Odifreddi

Il seguente paradosso è vecchio di due millenni e mezzo e, visto quanto tempo abbiamo avuto per rimuginarci su, non è certo sorprendente che ora sia completamente e profondamente spiegato; eppure molti che lo incontrano per la prima volta si grattano la testa sconcertati. È noto come «Paradosso di Achille» (o come il problema di Achille e la tartaruga), ed è solo uno di una serie di problemi sollevati dal filosofo greco Zenone nel V secolo a. C. È difficile pensare a un esempio di pura logica più semplice di così, ma
non fatevi trarre in inganno. Dimostreremo che si può spiegare solo usando la meccanica quantistica. Ehi, non ho mai detto che sarebbe stato facile.

Il paradosso di Achille

Una tartaruga gareggia contro Achille pié veloce e le viene dato un vantaggio in partenza, così che parte da un punto A più avanti della linea di partenza da cui parte Achille. Dato che Achille corre molto più veloce della tartaruga, arriverà ben presto al punto A; ma quando ci arriva, la tartaruga avrà percorso un pezzettino di strada, arrivando a un punto che chiamiamo B.
Quando Achille arriva al punto B, la tartaruga sarà arrivata al punto C, e così via. Quindi, mentre Achille sta chiaramente raggiungendo la tartaruga, e il divario tra i due diventa sempre più piccolo, sembra proprio che non arrivi mai a raggiungerla.
Dove stiamo sbagliando?



È difficile battere gli antichi Greci nei giochi mentali, i rompicapi logici e gli enigmi, o anche solo nell’arte di ragionare. In effetti questi filosofi erano così intelligenti, la loro logica così profonda, che abbiamo la tendenza a dimenticare che i loro sforzi risalgono a più di duemila anni fa. Perfino oggi, quando vogliamo dare un esempio di genio, insieme al famoso Einstein spesso nominiamo Socrate o Platone o Aristotele per rappresentare il culmine delle capacità intellettuali.
Zenone nacque a Elea, antica città della Magna Grecia nella zona oggi denominata Cilento. Si sa poco della sua vita e del suo lavoro, a parte che era un allievo di un altro filosofo di Elea, Parmenide. Insieme a un terzo filosofo della stessa città, Melisso, formavano la cosiddetta «scuola eleatica». La loro filosofia proponeva di non fidarsi dei sensi e dell’esperienza sensoriale per comprendere il mondo, ma piuttosto della logica e della matematica. Tutto sommato, è un atteggiamento sensato, ma come vedremo presto, portò Zenone sulla strada sbagliata.
Dal poco che sappiamo del suo pensiero, sembrerebbe che Zenone non avesse molte idee positive, di suo, ma fosse invece fermamente deciso a demolire gli argomenti degli altri. Ciò nonostante Aristotele stesso, che visse un secolo più tardi, lo celebrò come il fondatore della «dialettica». Si tratta di una forma di discussione civile, nella quale gli antichi greci eccellevano, in particolare uomini come Platone e Aristotele, usando la logica e il ragionamento per risolvere i conflitti.
Solo un breve frammento del lavoro originale di Zenone è arrivato fino a noi, quindi ciò che sappiamo del suo pensiero deriva dagli scritti di altri, Platone e Aristotele principalmente.
Intorno ai quarant’anni Zenone si recò ad Atene, dove conobbe il giovane Socrate. Più tardi si impegnò attivamente nella politica e alla fine venne imprigionato e torturato a morte per essersi trovato coinvolto in un complotto contro il governatore di Elea. Una storia che lo riguarda racconta che si staccò la lingua a morsi e la sputò in faccia ai suoi torturatori piuttosto che rivelare i nomi dei suoi compagni. Ma la sua fama è dovuta perlopiù a una serie di paradossi riportati da Aristotele nella sua grande opera sulla Fisica. Si sospetta che ce ne fossero almeno quaranta, complessivamente, ma solo una manciata sono sopravvissuti.
Tutti i paradossi di Zenone (di cui i quattro più famosi sono noti con il nome dato loro da Aristotele: Achille, la dicotomia, lo stadio, la freccia) sono basati sull’idea che niente cambia, il moto è solo un’illusione e il tempo stesso non esiste.
Naturalmente, se c’è una cosa in cui i greci erano bravissimi è filosofare, e affermazioni grandiose come «il moto è un’illusione» sono esattamente il tipo di provocazioni astratte per cui erano famosi. Oggi possiamo scardinare questi paradossi usando la scienza, ma sono così divertenti che vale la pena rivisitarli qui. In questo articolo mostreremo come si possono risolvere mediante un’attenta analisi scientifica.


Achille e la tartaruga

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Questo è il mio paradosso di Zenone preferito, perché a prima vista sembra perfettamente logico, e in effetti sfida la logica in maniera inaspettata. Achille è il più grande guerriero della mitologia greca, dotato di forza, coraggio e abilità nel combattimento. Parte uomo e parte essere soprannaturale (i suoi genitori erano il re Peleo di Tessaglia e una ninfa marina di nome Teti) appare principalmente dell’Iliade di Omero, dove si racconta la storia della guerra di Troia. Si narra che fin da bambino fosse tanto veloce da raggiungere un cervo in corsa e tanto forte da uccidere un leone. Quindi Zenone chiaramente voleva esagerare quando scelse questo eroe mitico perngareggiare contro la goffa tartaruga.
Il paradosso si basa sulla favola, ancora più antica, della lepre e la tartaruga, attribuita a un altro greco di nome Esopo, vissuto circa cent’anni prima di Zenone. Nella favola originale, la tartaruga viene presa in giro dalla lepre, e sfidata a una gara di corsa, gara che la tartaruga puntualmente vince grazie all’arroganza della lepre, che pensa di potersi permettere un pisolino a metà percorso, per poi svegliarsi quando la tartaruga ha già tagliato il traguardo. Nella versione di Zenone, Achille pié veloce prende il posto della lepre; al contrario di quella, Achille è completamente concentrato sulla gara, ma dà alla tartaruga un vantaggio, e questo sembra essere la sua rovina, perché pare proprio che la tartaruga vinca la gara, anche se probabilmente al foto finish, o al suo equivalente nella Grecia antica. Secondo il racconto di Zenone, per quanto Achille corra velocemente e per quanto arranchi lentamente la sua avversaria, l’eroe non la
raggiungerà mai.

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Ma questo non è certo ciò che accade in realtà.
Questo era un vero enigma per i matematici greci, che non conoscevano il concetto di «serie infinita convergente» (che spiegherò tra breve). Aristotele, che certamente non si risparmiava quando doveva rimuginare su cose di questo tipo, considerava i paradossi di Zenone semplicemente «errori». Il problema era che né Aristotele né nessun altro nella Grecia antica capiva una delle formule algebriche di base in fisica: la velocità è uguale alla distanza diviso il tempo. Oggi ne sappiamo di più.
L’affermazione «non raggiungerà mai la tartaruga» è naturalmente sbagliata, perché le distanze sempre più piccole considerate a ogni passo (tra i punti A e B, e poi tra B e C, e così via), riguardano anche intervalli di tempo sempre più piccoli, e quindi un numero infinito di passaggi non implica un tempo infinito. Di fatto i passaggi danno luogo a un tempo finito: il tempo che ci vuole ad Achille per raggiungere la tartaruga! La confusione nasce dal fatto che la maggior parte delle persone non capisce che sommare infiniti numeri non dà necessariamente un risultato infinito. Per quanto sembri strano, si possono concludere un numero infinito di passaggi in un tempo finito, e la tartaruga sarà raggiunta e sorpassata facilmente, come logica vuole. La soluzione si basa su ciò che i matematici chiamano «serie geometrica».
Consideriamo il seguente esempio:

1 + 1/2 + 1/4 + 1/8 + 1/16 + 1/32 …

È chiaro che si può continuare all’infinito a sommare frazioni sempre più piccole e il totale si avvicinerà sempre più al valore 2. La cosa si può dimostrare prendendo un segmento e dividendolo a metà, poi dividendo a metà la metà di destra e così via finché le frazioni diventano così minuscole che non si riesce più a dividerle con la matita. Se metà segmento è lungo 1 (non importa se 1 centimetro, 1 metro, 1 pollice o 1 miglio marino), allora sommando le frazioni successive, come nella serie scritta sopra, si converge alla lunghezza totale del segmento: 2 unità.Un buon modo di applicare questo ragionamento al paradosso è considerare non i momenti in cui Achille e la tartaruga hanno raggiunto ognuno un certo punto, ma piuttosto la distanza tra loro, sempre più piccola. Se entrambi corrono a velocità
costante, questa distanza diminuisce anch’essa a velocità costante. Per esempio, se Achille dà alla tartaruga un vantaggio di 100 metri e poi procede avvicinandosi a essa alla velocità di 10 metri al secondo, la raggiungerà in 10 secondi, che è il tempo necessario a coprire la distanza del vantaggio iniziale, cento metri. Questo valore di dieci secondi è il numero che otterremmo sommando 5 secondi+2,5 secondi+1,25 secondi+0,625 secondi … e così via finché i numeri da sommare diventano talmente piccoli che decidiamo di farla finita. Dopo 10 secondi Achille come un fulmine sorpassa la tartaruga, come ci si sarebbe aspettato (sempre che non decida di fermarsi e bersi una birra per strada, cosa che Zenone non si sente in dovere di precisare nel suo ragionamento).

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