Introduzione alla Teoria dei Giochi

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QUANDO NASCE E COS’E’ LA TEORIA DEI GIOCHI.

Nei modi più diversi siamo tutti simili.

Làszlò Mérö, matematico

 

Esempio preliminare (da Young, 1994)


Due paesi A e B, aventi rispettivamente 3.600 e 1.200 abitanti, vogliono costruire un acquedotto attingendo allo stesso lago. Il problema può essere risolto utilizzando i metodi della programmazione matematica, tramite un modello del tipo seguente:



Le soluzioni ammissibili possono essere raggruppate in due sottoinsiemi che corrispondono alle ipotesi 1 e 2 raffigurate a lato.

La soluzione ottimale è:

x∗ = ipotesi 2
z∗ = 180 milioni

Affinchè la soluzione sia attuabile deve esserci la disponibilità dei paesi ad accordarsi per una realizzazione in comune.
Se questa disponibilità esiste è necessario stabilire con quale criterio ripartire la spesa.

Alcuni dei criteri possibili e i relativi costi per i due paesi sono i seguenti:

Si può osservare che il criterio 1 è il più vantaggioso per il paese A ma è rifiutato dal paese B, il criterio 2 è il più vantaggioso per il paese B ma è rifiutato dal paese A mentre gli altri criteri risultano più o meno vantaggiosi per i due paesi ma nessuno dei due può rifiutarne a priori qualcuno, anche se il paese A preferisce il criterio 4 e il paese B preferisce il criterio 3.
Serve quindi una metodologia di scelta. In altre parole la programmazione matematica risulta insufficiente a descrivere, e quindi risolvere, il problema dato.
La Teoria dei Giochi fornisce gli strumenti matematici per analizzare il problema e non fornisce “la” soluzione, ma propone una soluzione (solution concept).

Introduzione.

La Ricerca Operativa classica suppone che le decisioni relative ad un problema siano prese da un unico decisore che può operare in totale autonomia e con completa libertà. La Teoria dei Giochi tratta le situazioni in cui il risultato dipende dalle scelte fatte da più persone, dette giocatori, che operano perseguendo obiettivi che possono risultare comuni, ma non identici, differenti ed  contrastanti; possono essere presenti anche aspetti aleatori.

Bernard de Mandeville pubblicò in versione definitiva nel 1729  il poemetto “La favola delle api: ovvero vizi privati, pubbliche virtù”. Bernard diffuse, con esso, la tesi che i vizi siano necessari per lo sviluppo equilibrato di una nazione e delle sue virtù. Come a dire: tutto ciò che esiste (per esempio, il vizio) ha un senso e va consapevolmente ed equilibratamente integrato anche con il suo opposto (per esempio, la virtù).
Adam Smith pubblicò nel 1776  “La ricchezza delle Nazioni” alla base della dottrina economica classica fino al 1950, quando John Nash la ribaltò. Adam diffuse, su oltre un secolo e mezzo di cervelli di economisti, l’idea che, nel libero mercato, la ricerca egoistica del proprio interesse giova all’economia di una nazione. S’inventò anche la metafora della “mano invisibile” che provvidenzialmente accompagna le scelte egoistiche verso un maggior benessere sociale.
Capite ora bene che, per uscire dalle distorsioni cognitive di memi di tale virulenza, occorrevano scienziati veri, persino matematici, per reimpostare la questione su nuove fondamenta e arrivare a conclusioni meno semplicistiche.

Il primo fu quel genio assoluto di John von Neumann (János Neumann, ungherese-americano, 1903 – 1957, matematico, informatico, genio eclettico) che, al di là di alcuni scritti anticipatori del 1928 (“teorema del minimax”), fondò la moderna teoria dei giochi con la pubblicazione del libro “Theory of Games and Economic Behavior” scritto con l’economista Oskar Morgenstern nel 1944, da cui deriva il nome della disciplina.

Applicò un approccio matematico alle decisioni umane, quantificando il valore attribuito a scelte egoistiche o altruistiche, basate su vizi o su virtù, oppure su competizione o collaborazione (vedi l’esempio del“Dilemma del Prigioniero” ).

Il Dilemma del Prigioniero

Una esemplificazione di alcuni principi e criteri metodologici della Teoria dei Giochi è fornita dal celebre,ma poco compreso, “Dilemma del prigioniero”.
E’ un gioco “ad informazione completa” (ossia ogni giocatore conosce tutte le regole del gioco) studiato da Merrill Flood e Melvin Dresher nel 1950 e successivamente formalizzato da Albert W. Tucker, a cui dobbiamo anche il nome del dilemma.
Il dilemma in sé, anche se usa l’esempio di due prigionieri per spiegare il fenomeno, può descrivere altrettanto bene svariati altri casi, dalla corsa agli armamenti alla competizione tra aziende, dalle strategie politiche alle relazioni sentimentali.
Il dilemma può essere descritto come segue. Due noti criminali, da sempre complici in passate rapine, vengono bloccati separatamente, su due auto diverse, per eccesso di velocità proprio nei dintorni di una gioielleria che ha appena subito una rapina notturna. Gli investigatori li accusano entrambi di rapina e li chiudono in due celle diverse impedendo loro di comunicare. A ognuno di loro vengono date due scelte: in qualità di testimone della rapina, denunciare l’altro criminale, oppure non denunciarlo. Viene inoltre spiegato loro che:
a) se solo uno dei due denuncia l’altro, chi ha denunciato evita la pena, mentre l’altro – il denunciato – viene condannato a 7 anni di carcere. E’ la situazione del “singolo traditore”;
b) se entrambi denunciano l’altro, vengono entrambi condannati a 4 anni (3 anni condonati per aver comunque collaborato con la giustizia). E’ la situazione dei “due traditori”;
c) se nessuno dei due denuncia l’altro, entrambi vengono comunque condannati a 1 anno (con la scusa di ribellione alla polizia dopo il fermo per eccesso di velocità). E’ la situazione dei “due amici fedeli”.
Si tratta, quindi, di un “gioco non-cooperativo” poiché non è possibile, da parte dei giocatori, accordarsi preventivamente per adottare la strategia più vantaggiosa per entrambi.
Il dilemma che ciascun criminale affronta è: “collaboro col mio complice, oppure competo contro di lui? Non lo denuncio, oppure lo denuncio (tradendolo)? Certo che tradendolo, potrei evitare totalmente la galera…”.
La Teoria dei Giochi modella queste situazioni con tabelle più o meno articolate e complesse. Qui segue il caso semplice del Dilemma del Prigioniero appena descritto, dove i numeri tra parentesi rappresentano:
· la prima cifra: gli anni di galera di A, a fronte delle diverse combinazioni tra il comportamento di A e il comportamento di B;
· la seconda cifra: gli anni di galera di B, a fronte delle diverse combinazioni tra il comportamento di A e il comportamento di B.

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dilemma del prigioniero - schema

Se lo scopo dei criminali è di minimizzare il rischio della galera, allora la miglior strategia di questo giocoè (denuncia, denuncia), ossia ciascun criminale tradisce l’altro denunciandolo, poiché:

  • denunciando rischia 0 anni o, al massimo, 4 anni
  • non denunciando rischia 1 anno o, addirittura, 7 anni

Si dice allora che la strategia “non denunciare (non tradire)” è strettamente dominata dalla strategia“denunciare (tradire)”, e quindi, per ogni comportamento di B, il migliore risultato di A si ottiene sempre tradendo l’altro. Analogo discorso vale per B.
Risulta allora che, se entrambi fanno la scelta più razionale, si arriva al cosiddetto “Equilibrio di Nash” dove i due prigionieri denunciano l’altro col risultato di farsi entrambi 4 anni di carcere.
E’ una situazione di “equilibrio” poiché, da lì, nessuno dei due ha interesse a cambiare la propria decisione:aumenterebbero i propri anni di galera – a parità di scelta dell’altro!
Questo è il risultato di un calcolo razionale, amorale.
“Col senno del poi…”, invece, i due criminali rimpiangono di non avere avuto più fiducia reciproca evitando di denunciarsi (tradirsi) reciprocamente, nel qual caso il risultato sarebbe stato di farsi entrambi 1 solo anno di galera. Questo sarebbe stato il risultato corrispondente alla “Regola Aurea”: fai all’altro ciò che vorresti facesse a te (ossia: non denunciare, non tradire!).
In questo caso risultava quindi più conveniente per i due criminali (con senno del poi…) collaborare tra loro (e non con la polizia) anziché competere tra loro sperando di evitare la galera.
Ma non è sempre così: caso per caso, in altre tipologie di dilemmi, la tabella appena descritta conduce a risultati dove anche la Regola Aurea produce risultati perdenti, e occorrono quindi strategie più articolate (per esempio “miste”).

Il Teorema di Nash.

Lo scopo di John von Neumann era pratico e terreno: capire se, quando e come due “giocatori” (intesi genericamente come operatori o agenti concorrenti…) potessero trovare una situazione finale di “equilibrio”, ossia di accettazione del risultato finale del “gioco” (inteso genericamente come negoziazione o scambio competitivo) tale da non volerlo modificare unilateralmente.

Il “Teorema di von Neumann” garantisce tale equilibrio per giochi finiti (numero finito di opzioni e mosse possibili), a “somma zero” (un giocatore vince esattamente ciò che l’altro perde), con informazione completa (i giocatori condividono le stesse esaustive informazioni, senza alcuna “asimmetria informativa”).
Ci pensò un altro John – John Nash – a dare definitivo lustro all’economia scientifica e alla neonata Teoria dei Giochi grazie ai suoi scritti del 1950 (“Punti di equilibrio in giochi a N-persone”) e del 1951 (“Giochi non-cooperativi”).
John Nash demolì in un sol colpo 180 anni di economia classica fondata sul dogma, istituito da Adam Smith, del risultato sociale ottimale ottenuto da competizioni egoistiche.
Il limite dei giochi a somma zero, analizzati per primo da von Neumann, è stato superato proprio dal “Teorema di Nash” che garantisce, sotto certe condizioni, l’esistenza di un equilibrio anche in situazioni competitive più complesse di quelle analizzate da von Neumann, ossia in giochi con numerosi partecipanti che possono anche operare una scelta dalla quale tutti traggono un vantaggio (oppure, limitare lo svantaggio al minimo): una differenza epocale rispetto al caso dei giochi a somma zero studiati in precedenza, e alla base di quasi due secoli di teoria economica, dove la vittoria di uno dei due partecipanti era totale ed esclusiva, ossia necessariamente accompagnata dalla sconfitta dell’altro.
Insomma, come ben esemplificato nel citato film “A beautiful mind”, è possibile ottenere risultati  migliori (“ottimali”) coniugando scientemente competizione con collaborazione – nessuna delle due strategie è di per sé vincente.
La strategia vincente è un mix delle due, e di altre ancora.

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 Dunque, cos’è la Teoria dei Giochi?

La Teoria dei Giochi è una disciplina alquanto vasta, il cui scopo è analizzare i comportamenti strategici dei decisori (giocatori), ovvero studiare le situazioni in cui diversi giocatori interagiscono perseguendo obiettivi comuni, diversi o conflittuali. Un ruolo centrale nella teoria dei giochi è svolto dal concetto di soluzione di un gioco, che, come preciseremo meglio in seguito, è l’identificazione di una o più strategie, da parte dei diversi giocatori, compatibili con determinate assunzioni di razionalità e intelligenza dei giocatori stessi.
La teoria dei giochi può avere due ruoli diversi. Il primo (ruolo positivo) `e quello di interpretare la realtà, ossia spiegare come mai, in certe situazioni di conflitto, i soggetti coinvolti (giocatori) adottano certe strategie e certe tattiche. Il secondo ruolo (prescrittivo) è invece quello di determinare quali situazioni di equilibrio possono (o non possono) verificarsi come risultato dell’interazione dei due soggetti. In ogni caso, i concetti di soluzione che sono utilizzati nella teoria dei giochi intendono descrivere quelle strategie che i decisori, individualmente o congiuntamente, dovrebbero seguire come conseguenza delle ipotesi di razionalità di cui si diceva. Se poi nella realtà i decisori si discostano da quanto previsto dalla teoria, occorre indubbiamente interrogarsi se ciò accade perchè il modello non cattura tutti gli aspetti rilevanti di una situazione, oppure perchè sono i decisori a comportarsi in modo non razionale (o tutt’e due le cose…).
La differenza fondamentale tra la teoria delle decisioni e la teoria dei giochi sta nel fatto che mentre, nella prima, il decisore si trova ad affrontare un problema decisionale di fronte a ”stati di natura” aleatori, di cui eventualmente ha una caratterizzazione probabilistica,
nel secondo caso ha di fronte un altro decisore. La conseguenza di questo fatto è che mentre in un problema di decisione ( sequenziale) lo scopo è quello di giungere a una scelta (o eventualmente, a una successione di scelte) ottimale, stavolta occorre elaborare un concetto diverso, quale quello di equilibrio.

Razionalità.

Come già accennato, la teoria dei giochi è fondata su alcune ipotesi che caratterizzano il modo fondamentale di agire (e di pensare) degli individui. Sinteticamente, queste ipotesi possono esprimersi dicendo che gli individui che interagiscono in un problema decisionale
si suppone siano intelligenti e razionali. Questi due termini hanno in questo caso un significato ben preciso. Senza entrare in troppi dettagli, diremo solo brevemente che per individuo razionale si intende, in senso stretto, uno che è in grado di ordinare le sue preferenze su un insieme di risultati, e che queste preferenze soddisfano un insieme di assiomi, per lo più assolutamente ragionevoli (assiomi della razionalità di von Neumann e Morgenstern). ”Ordinare le sue preferenze” vuol dire che, dati due risultati x e y (esempio: x =disporre di 4000 euro e y = avere un biglietto aereo per i Caraibi), un decisore è sempre in grado di dire se per lui/lei x è meglio di y (x > y), y è meglio di x(y > x), o se sono allo stesso livello (x ∼ y). Gli assiomi sono relativi al modo di ordinare le preferenze allorchè si confrontano risultati certi con altri incerti (lotterie).
La conseguenza fondamentale è che un individuo razionale può assegnare un valore di utilità a ciascuno dei risultati che possono derivare dalle decisioni congiunte dei vari decisori, ossia ai vari profili, e orienterà le sue scelte nella direzione di massimizzare la propria utilità.
Un concetto chiave nella teoria delle decisioni è quello di utilità attesa. Questo concetto consente di associare un’utilità anche a un evento aleatorio (ma di cui sia nota la descrizione probabilistica), semplicemente associandovi il valore atteso dell’utilità dei vari risultati. Supponiamo ad esempio che u(x) sia la mia funzione di utilità (ove x rappresenta un importo monetario), e che per me u(1000) = 10 e u(500) = 6. Se allora io considero una lotteria in cui con probabilità 0.5 vinco 1000 euro e con probabilità 0.5 vinco 500 euro, l’utilità attesa di questa lotteria sarà  0.5u(1000) + 0.5u(500) = 5 + 3 = 8.
Spesso si assume che un decisore, oltre che razionale, sia anche intelligente. Questo termine indica semplicemente la capacità logica di saper riconoscere le azioni necessarie per massimizzare la propria utilità ossia per agire in modo razionale.
In definitiva, la soluzione di un gioco è una descrizione sistematica dei risultati che possono emergere in un determinato tipo di gioco, compatibili con le ipotesi di intelligenza e di razionalità dei giocatori. Semplificando un po’, si può dunque dire che la teoria dei
giochi si propone di suggerire soluzioni ”ragionevoli” e ne analizza le proprietà.

Giochi strategici.

Un gioco strategico è un modello di interazione tra decisori (chiamati anche giocatori) in cui ciascuno pianifica le proprie azioni una volta per tutte, e tali scelte sono effettuate simultaneamente. Gli ingredienti fondamentali di un gioco sono pochi e semplici. Un
gioco strategicoè costituito da N giocatori, ciascuno dei quali dispone di un insieme Ai = {ai1,ai2,….., . . . , aini} di ni possibili azioni o strategie. Se ciascun giocatore i sceglie una strategia aik ∈ Ai, si ha un profilo, ovvero una N-pla di strategie, a = (a1i1, a2i2, . . . , aNiN), cui corrisponde un risultato. Ciascun decisore ha un proprio ordine di preferenze sull’insieme A dei possibili risultati, ossia delle conseguenze che si vengono a produrre allorchè ciascun giocatore compie una determinata azione. Il fatto che le preferenze del decisore siano definite su A e non sul proprio insieme Ai `e proprio quello che distingue un gioco da un problema decisionale in condizioni di rischio: l’interazione con gli altri giocatori non è trascurabile.
Tipicamente, la relazione di preferenza di ciascun giocatore sull’insieme A può essere espressa attraverso una funzione di utilità (o payoff), associata a ciascun giocatore, che fa corrispondere valori più elevati a risultati più graditi. Dunque, al giocatore i possiamo
associare una funzione ui(a), definita su A, che esprime l’utilità per il giocatore i derivante dal profilo a.

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Esempio : La battaglia dei sessi.

Lui e Lei hanno deciso di trascorrere la serata assieme. Prima che le batterie del cellulare di Lui si scaricassero, i due stavano discutendo animatamente. Lui cercava di convincere Lei ad andare a vedere un incontro di wrestling, Lei invece cercava di portarlo a un balletto classico. Ambedue, comunque, preferiscono uscire insieme piuttosto che rimanere separati: la solitudine renderebbe non interessante anche lo spettacolo più gradito. Possiamo allora rappresentare la situazione come la seguente tabella:

la battaglia dei sessi - tabella

I due hanno visioni diverse. Possiamo tuttavia osservare che sia (w, w) che (b, b) sono risultati ragionevoli. Prendiamo ad esempio (b, b). Lui potrebbe ragionare come segue. ”Se sapessi che Lei `e andata al balletto,è inutile che io vada a vedere il wrestling; a far che? Vado anch’io al balletto.” E ovviamente la stessa cosa può pensare Lei. Questo per`o non risolve il problema, chiaramente, perchè lo stesso ragionamento si applica al profilo (w, w)…

Esempio  (Testa o croce).

A e B devono scrivere ”testa” o ”croce” su una lavagnetta. Se, voltando le lavagne, si scopre che hanno scritto la stessa cosa, B cede a A un euro. Altrimenti, A cede a B un euro. Identificando le utilità con i risultati monetari, possiamo rappresentare la situazione come indicato in tabella:

Un’osservazione interessante èche in questo gioco, a differenza dei precedenti, la vincita di un giocatore corrisponde alla perdita dell’altro – in altre parole, quello che uno perde è vinto dall’altro. Per questo motivo, i giochi di questo tipo prendono il nome di giochi a somma zero.

 

Le “Strategie Miste”.

La Teoria dei Giochi ha dimostrato che qualsiasi “strategia” (ossia: sequenza di comportamenti) predefinita, anche se molto articolata e complessa, è perdente rispetto a una strategia non predefinita.
In pratica: se io definisco esattamente cosa farò quando capita x, y, z (“strategia pura”), allora non guadagnerò mai tanto come con una strategia mista, che equivale a dire: quando capiteranno le situazioni x, y oppure z, il mio comportamento sarà deciso dai…. dadi – proprio così!
Le strategie miste, quindi, sono costituite da possibili comportamenti noti, ma dalla sequenza ignota. Dal puerile gioco del “sasso, carta e forbice”, all’audace poker, fino alla complessa finanza, la matematica Teoria dei Giochi ha dimostrato che, per vincere in giochi iterativi (non una sola giocata e via!), occorre lasciare ai dadi la decisione della sequenza di comportamenti – non ci credi, vero?!
Neanche io, quando appresi le Strategie Miste, ma imparai a osservarle nella realtà e a viverle, poiché le strategie miste mi spiegarono finalmente il ruolo – nel bene e nel male… – delle umane,troppo umane, passioni, irrazionalità, malattie psicosomatiche, follie… dalle quali gli animali sono immuni, essendorigidamente programmati da istinti.
John Nash ha dimostrato matematicamente che, se la mia sequenza di comportamenti cambia in funzione degli eventi x, y o z in maniera probabilistica, anziché in maniera predefinita, allora realizzo una strategia mista che vince contro qualsiasi strategia pura.
Strano, bizzarro….?! Matematico!
Nella nostra vita quotidiana e operativa, non possiamo però permetterci di calcolare, per ogni specifica situazione, la frequenza ottimale dei comportamenti utili per vincere e guadagnare – non fosse altro che una volta non c’erano mica né calcolatrici, né Teoria dei Giochi…
Allora, dove acquistare questi dadi speciali (con un numero di facce diverso per ogni problema), ossia qualcosa che attribuisca una certa percentuale P(x) di casi al mio comportamento associato a x, un’altra percentuale P(y) di casi al mio comportamento associato a y, e così via…?
Li troviamo dentro noi stessi: la Natura ci ha già equipaggiati con questi strumenti necessari per vincere ed evolvere fino agli attuali livelli di progresso e benessere.
I nostri dadi speciali sono: le emozioni, l’irrazionalità, i disturbi psicosomatici e quant’altro interrompe l’irragionevole dominio della ragione, alternandolo con altri comportamenti in modo probabilistico, ossia con una strategia mista umana, molto umana.

ESEMPI PRATICI

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