MICROECONOMIA: i mercati e le funzioni di costo.

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Microeconomia: la funzione di costo


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MICROECONOMIA

L’economia si può classificare in modi differenti secondo le logiche utilizzate per l’analisi, quindi per metodo; oppure per settore analizzato; oppure ancora per tipologia di applicazione.
In particolare la Microeconomia studia il comportamento dei singoli attori del mercato o dei singoli mercati.

Le leggi della domanda e dell'offerta

La microeconomia utilizza metodi matematici per ottenere soluzioni univoche e ripercorribili sugli equilibri di mercato, sugli effetti delle variazioni del sistema sugli equilibri, sulle scelte, sui processi decisionali di consumatori o produttori ecc. La dimensione MICRO si riferisce a quei sistemi in cui è possibile intervenire sulle variabili per determinare scelte strategiche. Le variabili del sistema economico che non possono essere influenzate direttamente fanno parte della macro-economia.
Alla base delle razionali microeconomiche ci sono spesso assunzioni sul comportamento degli individui molto stringenti. Le analisi microeconomiche possono riferirsi allo studio di settori e di mercati specifici. In questo caso si parla di micro-economia applicata. Per esempio, si parla di microeconomia agro-alimentare. Nella dicitura corrente quando si specifica il mercato di riferimento è scontato sia “micro”- economia, pertanto, si parla, per es., solo di economia agroalimentare oppure “food economics”.


IL MERCATO

Il mercato è la situazione in cui avviene uno scambio impersonale regolato da un’equivalenza numerica determinata dalla moneta. In ogni mercato ci sono degli attori che scambiano beni, pertanto, ci saranno offerenti e richiedenti. I punti di vista della nostra analisi, conseguentemente, sono due: offerta e domanda.
L’offerta è la relazione matematica che studia il comportamento degli offerenti/produttori, i quali massimizzano i loro ricavi (prezzo per quantità) vincolati dal livello tecnologico. Dato il loro obiettivo, pleonasticamente, cercano di vendere più prodotto possibile (quantità) al prezzo più alto. La domanda, per contro, è la relazione matematica che studia il comportamento dei richiedenti, che a loro volta massimizzano la loro utilità (soddisfacimento) in considerazione dei loro vincoli di bilancio (disponibilità di spesa). Il loro obiettivo, pertanto, è di acquistare sul mercato la massima quantità al minor prezzo.

I MERCATI CONCORRENZIALI

Un mercato perfettamente concorrenziale soddisfa quattro condizioni:

a) tutti i partecipanti al mercato sono in ogni momento al corrente delle opportunità che il mercato offre (perfetta conoscenza o informazione completa sul mercato),
b) i compratori e i venditori sono piccoli e indipendenti,
c) l’inserimento di nuovi prodotti è semplice (assenza di barriere di ingresso),
d) esiste facilità di movimento di capitali da un settore a un altro.

Un mercato concorrenziale è inoltre composto da molti compratori e molti venditori, in modo che nessun singolo compratore o venditore può esercitare un’influenza significativa sui prezzi. Il mercato perfettamente concorrenziale è, di fatto, un modello ideale in quanto tutti i mercati reali esistenti non raggiungono tutte le precedenti condizioni, pur tuttavia esistono dei mercati reali che si avvicinano molto alla nozione di mercato perfettamente concorrenziale come ad esempio la maggior parte dei mercati agricoli. Molti altri mercati raggiungono un grado di concorrenza tale da farli considerare alla stregua di mercati perfettamente concorrenziali (per esempio, il mercato del rame). Altri mercati, costituiti solo da un numero ristretto di produttori, possono essere trattati per semplicità come se fossero mercati concorrenziali.
Infine, alcuni mercati, pur essendo formati da molti produttori, sono di tipo non concorrenziale, cioè in esso singoli operatori (anche riuniti in cartello) sono in grado di influenzare i prezzi dei prodotti (come accade, per esempio, nel mercato mondiale del petrolio, condizionato dall’oligopolio delle famose sette sorelle). Un caso particolare di oligopolio è il duopolio.
All’estremo opposto del mercato concorrenziale vi è il modello di mercato di tipo monopolista caratterizzato da un solo venditore che detiene quindi il pieno controllo sul mercato stesso e libero quindi di agire nelle scelte dei prezzi dei beni imponibili sui consumatori non essendo vincolato da scelte o politiche di vendita di altri venditori. Questa tipologia di mercato, al pari di quella oligopolista, è stata molto diffusa in passato nel mondo occidentale; successivamente interventi legislativi da parte dei governi hanno portato all’abolizione dei monopoli e all’instaurazione di sistemi economici basati sul pluralismo dei venditori ovvero alla cosiddetta liberalizzazione del mercato per avvicinarsi ad un modello il più possibile concorrenziale con l’abbattimento dei prezzi a favore dei consumatori.

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Offerta

Nell’economia neoclassica, gli offerenti sono i produttori. Per definizione, il processo di produzione intende la trasformazione delle risorse disponibili, attraverso il lavoro, l’uso di strumenti o delle tecnologie, in beni e servizi che hanno una diversa utilità per l’uomo. Quindi riguarda sia la “fabbricazione” e/o trasformazione fisica di un bene, ma anche la sua localizzazione in un altro posto.
Il comportamento dei produttori consiste nell’osservare i prezzi (che vengono individuati dal/nel mercato) e decidere la quantità da produrre in modo da massimizzare i loro ricavi.

La funzione di offerta si rappresenta come segue:

La curva di offerta (si rappresenta come una linea per semplicità) è inclinata positivamente e raffigura il punto in cui, dato un determinato prezzo, il produttore massimizza il proprio profitto (ricavi (P*Q) meno costi (C*Q)) in considerazione del vincolo tecnologico.
La legge che regola tale comportamento è basato sulla legge della produzione e sull’andamento dei costi.

La funzione di produzione

La funzione di produzione è la relazione matematica che genera una determinata quantità di prodotto ottenibile da una certa dotazione di fattori produttivi “x” (es. semi per le produzioni di grano; pelle, gomma e lacci per la produzione di scarpe).
La funzione di produzione può essere rappresentata come segue:

La forma della legge matematica indica che aumentando via via i fattori produttivi, la produzione aumenta prima in maniera repentina (tratto A – B), poi rallenta man mano (tratto B – C). Oltre un certo livello di fattori produttivi, si avrà la saturazione e la produzione non aumenterà più o addirittura tenderà a diminuire a causa della gestione inefficiente dei fattori della produzione (tratto C e oltre verso destra). Un esempio pratico potrebbe essere quello del
calzolaio produttore di scarpe. Aumentando la quantità di pelle, gomma e lacci il calzolaio sarà capace di aumentare le paia di scarpe prodotte. Se aumentassimo ancora la fornitura oltre il suo limite fisico di produzione non riuscirebbe a produrre più scarpe o, addirittura, lo stress e l’affanno porterebbe a diminuire la sua produttività.
Esiste il vincolo tecnologico perchè, semplicemente, con un livello di tecnologia migliore i fattori della produzione sarebbero capaci di essere utilizzati più efficacemente e produrre quantità maggiori a parità di input. Pertanto la curva di produzione, per livelli tecnologici più avanzati, si localizzerà più in alto, come illustrato nel grafico sottostante.

Le funzioni di costo

La legge dei costi e il prezzo sono gli elementi su cui il produttore/offerente decide il quanto produrre.
In primis c’è da dire che i costi si dividono in:
costi fissi: riguardano impianti, strutture e attrezzature necessarie ad avviare la produzione e sono indipendenti dalla quantità prodotta (anche a produzione zero, ci saranno i costi fissi)
costi variabili: riguardano i costi per l’acquisto e utilizzo dei fattori produttivi, legati quindi alle quantità prodotte.
Questi ultimi si possono analizzare in termini di:
costi medi: sono i costi variabili divisi per le quantità prodotte, ossia, quanto costa mediamente una unità di prodotto.
costi marginali: rappresentano la variazione dei costi variabili per ogni unità aggiuntiva di prodotto.

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Il costo marginale

Il costo marginale è il costo aggiuntivo per incrementare la quantità di produzione. È il costo dell’ultima unità prodotta. Il costo marginale esprime in maniera infinitesimale la variazione dei costi della quantità aggiuntiva di prodotto.

La formula del costo marginale

Dal punto di vista formale il costo marginale è determinato dal rapporto tra la variazione del costo totale ( ΔC ) e la variazione infinitesimale della quantità di produzione ( ΔY ) .

Dal punto di vista grafico la funzione del costo marginale CM è determinata dalla derivata prima C’ della funzione di costo ed è coincidente con la pendenza della curva della funzione di costo. In termini formali possiamo scrivere:

Il grafico della curva del costo marginale

La funzione del costo marginale CM può essere rappresentata sul diagramma cartesiano ponendo in relazione il costo marginale CM con la quantità di produzione Y. In questa rappresentazione la forma a “U” della curva del costo marginale è strettamente legata alla produttività marginale dei fattori produttivi.

L’andamento a forma di “U” della curva del costo marginale è determinato dall’andamento della produttività marginale dei fattori produttivi. Il significato economico del tratto decrescente e crescente della curva del costo marginale è il seguente:

Tratto decrescente. Nella fase iniziale la curva del costo marginale è decrescente poiché l’impiego di unità addizionali dei fattori produttivi consente di utilizzare meglio l’impianto. In questa fase il prodotto marginale dei fattori produttivi è crescente.

Tratto crescente. Una volta oltrepassato il punto di minimo, la curva del costo marginale diventa crescente poiché, in questa seconda fase, ogni ulteriore unità addizionale di impiego dei fattori produttivi peggiora l’efficienza dell’impianto. In questa seconda fase, ogni ulteriore unità addizionale di impiego dei fattori produttivi peggiora l’efficienza dell’impianto. In questa seconda fase il prodotto marginale dei fattori produttivi è decrescente. È quindi necessario un incremento della quantità dei fattori produttivi ( lavoro, materie prime, ecc. ) per ottenere un’ulteriore unità di prodotto. Ciò spiega l’andamento crescente nel tratto finale della curva del costo marginale.

 

Come si può osservare da questo grafico i costi fissi, in quanto tali, sono uguali per qualsiasi quantità prodotta. I costi medi, nella parte sinistra della curva a punti, diminuiscono all’aumentare dalla quantità prodotta grazie a un
utilizzo più efficiente delle risorse, man mano che si aumenta la produzione,parte a destra del minimo, la gestione inefficiente (sfruttamento intenso delle risorse, es. operai che lavorano con tante ore di straordinario) fa aumentare i
costi medi. I costi marginali ovvero la variazione dei costi variabili al variare della produzione, invece, sebbene possano essere molto bassi per quantità prodotte limitate, crescono man mano che la produzione aumenta, quindi, man mano che si procede sfruttando sempre più la risorsa (fattore produttivo) utilizzata. (Un esempio di costo marginale è il consumo di benzina per l’auto, a bassa velocità il consumo è discreto, aumentando appena la velocità fino a che il motore è a regime, il consumo è buono, accelerando fino al fuori giri, il consumo aumenta più che proporzionalmente…curve di consumo di benzina=curve di costi marginali. Di conseguenza i costi fissi riguarderanno l’acquisto dell’auto e i costi medi, il costo medio per km percorso con un pieno.) Prima di entrare nel vivo del processo decisionale è necessario definire il profitto (π). Mentre i singoli fattori della produzione vengono remunerati perché sono dei costi. Il profitto remunera il rischio imprenditoriale. Pertanto, l’obiettivo dell’imprenditore è di massimizzare il suo profitto che sarà dato dalla differenza tra ricavi e costi: π = PxQ – CxQ. La massimizzazione del profitto è vincolata alla tecnologia utilizzata. Tecnologie diverse, infatti, permetteranno di gestire diversamente i costi (visto che il prezzo è determinato dal mercato – produttore price taker – e i costi dipendono dalla tecnologia) e quindi di massimizzare diversamente il profitto.
Ritornando al discorso dei costi, il processo decisionale del produttore, ossia il “quanto produrre”, dipende dalla minimizzazione dei costi. Non considera i costi fissi perché’ sono indipendenti dal quanto produrre. Questi sono necessari solamente ad attivare la produzione e li paga indipendentemente da quanto produce, ma solo i costi marginali. Saranno  questi, infatti, a variare al variare della quantità prodotta. La decisione del produttore sarà fatta sulla base dei costi variabili, in particolare sui costi marginali. Vediamo ora perché. Dato un prezzo P, i produttori di quel bene avranno un profitto decidendo di produrre una quantità inferiore a Q*. In presenza di profitto il produttore sarà incentivato ad aumentare la quantità. Pertanto, aumenterà la produzione fino a che il costo dell’ultima unità non è pari al prezzo, quindi il Cm=P, punto in cui il profitto relativo all’ultima unità prodotta è pari a zero. Questo sarà il punto della curva dei Cm in corrispondenza del quale il produttore deciderà la quantità in una condizione di concorrenza perfetta. Questa è anche la logica che spiega perché sono i costi marginali a guidare le scelte produttive e non le altre categorie di costi.

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Pertanto, poiché la relazione tra prezzo P e costo marginale Cm rappresenta la decisione del produttore si conclude che la curva dei costi marginali corrisponde matematicamente alla curva di offerta. Le curve di costo rappresentano di fatto anche la convenienza a produrre. Considerando che i costi marginali sono uguali ai prezzi, quindi si muovono assieme, nella porzione a sinistra dell’incrocio delle curve, i costi medi saranno superiori ai prezzi quindi NON E’ CONVENIENTE (punto di perdita), pertanto l’industria/produttore uscirà dal mercato. A destra del punto in cui s’incontrano le curve SARA’ CONVENIENTE PRODURRE perché si copriranno i costi medi. L’intersezione rappresenta il PUNTO A ZERO PROFITTI, anche detto punto d’ingresso o di uscita da mercato dell’azienda perché rappresenta la quantità prodotta minima in corrispondenza della quale si coprono i costi e si realizzano profitti pari a zero. I punti in cui il prezzo è superiore ai costi medi ed è pari o superiore ai costi marginali si diranno punti di profitto.

L’aumento di tecnologia fa ridurre i costi di produzione (si spostano verso il basso) perché permette di produrre la stessa quantità con l’utilizzo di meno fattori produttivi, quindi a costi inferiori. Poiché’ la curva dei costi marginali corrisponde alla curva di offerta, all’aumentare della tecnologia, la curva di offerta si sposterà verso il basso.

 

 

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