Sheldon, mi puoi spiegare il tutto?

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the big bang theory


“Non provare a tirare in ballo Einstein: ha fatto le sue scoperte quando nessuno sapeva niente, qualunque cosa era una grande scoperta.”

Sheldon Cooper

” The Big Bang Theory “stagione 6, episodio 14, ‘L’inversione Cooper-Kripke’

 

Cosa potrebbe succedere se, dopo anni interi di ricerche e studi approfonditi dietro a una scrivania o in un oscuro laboratorio, vi sentiste così delusi e insoddisfatti da voler abbandonare completamente tutto ciò su cui avete disperatamente lavorato alla continua ricerca di valide conferme?

Come vi sentireste concretamente, specie se foste costretti a cercare immediatamente un altro settore nel quale buttarvi a capofitto per non perdere ulteriore tempo?Queste sono domande che, forse, potrebbero risultare eccessivamente pressanti se non si tenesse conto di ciò che nascondono al loro interno, nella loro più buia profondità; eppure, non sarebbe affatto strano se, almeno una volta nella vita, fossimo costretti a porci di fronte ad un problema simile, specialmente se dedichiamo la maggior parte del nostro tempo allo studio della scienza e delle sue concrete applicazioni.

Per esempio, in una celebre e divertente serie televisiva americana (The Big Bang Theory, per la precisione, premiata anche per la sua capacità di sensibilizzare il grande pubblico su tematiche scientifiche molto complesse) la questione viene affrontata direttamente da uno dei protagonisti: Sheldon Cooper è un giovane ricercatore dell’Università di Pasadena (Los Angeles), un tipo eccentrico, genio assoluto ed enfant prodige proveniente dal Texas, dotato di una comicità tra il serio e il faceto molto esilarante. La sua carriera accademica è stata segnata dallo sviluppo e dallo studio della teoria delle stringhe, campo nel quale ha potuto raggiungere risultati scientifici importanti e di valore internazionale oltre che a una rispettabilità di carriera assolutamente non scontata, data la sua giovane età. Eppure, a causa dei risultati inconcludenti e insufficienti a livello tecnico e concettuale della teoria sulla quale si è concentrato per così tanto tempo, decide di abbandonare il lavoro e di andare alla ricerca di un altro campo di studi che lo possa soddisfare come il precedente (la ricerca risulta esilarante e complicata, dal momento che il successo accademico del personaggio è strettamente legato alla teoria delle stringhe, contrariamente ai suoi amici, i quali si dividono tra l’astrofisica classica e l’ingegneria meccanica). La depressione di Sheldon è tale da essere vissuta con fastidio persino da tutti coloro che gli stanno intorno, fino a coinvolgere le persone più care, che cercano in tutti i modi di aiutarlo a trovare un nuovo interesse dopo la cocente delusione subita. Ad ogni modo la ricerca andrà a buon fine, dopo una serie di situazioni imbarazzanti e gag emblematiche, legate prevalentemente al carattere del personaggio e dei suoi amici con i quali condivide la maggior parte del suo tempo e delle sue esperienze, sia private che lavorative. Ora, non c’è dubbio che si sia parlato di una fiction che possiede pur sempre il pregio di introdurre in maniera divertente e accessibile alcune delle tematiche scientifiche più complesse e controverse degli ultimi vent’anni, ma si tratta lo stesso di finzione, con tanto di autori e sceneggiatura ad hoc. Ciò nonostante, il dilemma vissuto da Sheldon è analogo a quello di molti altri scienziati che si sono trovati a dover constatare l’apparente fallimento della teoria delle stringhe, che era stata considerata come la chiave definitiva per raggiungere l’unificazione della meccanica quantistica con la relatività generale di Einstein, una delle missioni impossibili della fisica contemporanea. Non solo, gli studi e gli approfondimenti relativi a questa teoria hanno potuto essere il trampolino di lancio di molte carriere accademiche, facendo la fortuna di diversi studiosi che si sono ritrovati a diventare dei veri esperti del settore; pertanto, abbandonare una simile sicurezza, sia da un punto di vista di ricerca scientifica che da uno strettamente più lavorativo, non poteva che generare confusione e sconforto, specie per le speranze che erano state riposte in uno studio specifico di tale portata. Uno degli esempi più eclatanti, se consideriamo lo sviluppo storico e scientifico della teoria delle stringhe, viene rappresentato dal noto fisico teorico Lee Smolin, inizialmente grande sostenitore della teoria, per poi virare decisamente in una direzione più critica, arrivando ad ipotizzare una fisica senza le stringhe (ovvero procedere con l’abbandono di una teoria che, a suo avviso, non ha prodotto i risultati sperati), come potremo ben vedere nel suo testo L’universo senza stringhe.

Concretamente, quindi, che cosa rappresenta questa teoria delle stringhe? Cosa ci aspettiamo da una simile ricerca? E che cosa si intende esattamente per teoria del tutto? Si tratta, in primo luogo, di considerare quanto una teoria dalle grandi speranze e promesse possa influenzare a tal punto il funzionamento della scienza come pure introdurre turbamenti che esulano dalla semplice trattazione tecnica, dando vita a una vera e propria disamina dei poteri e delle responsabilità della stessa ricerca scientifica.Per quale motivo così tanti studiosi un tempo entusiasti hanno deciso di abbandonare lo studio specifico della teoria e cercare altre soluzioni e visioni alternative? Non può trattarsi solamente di una questione metodologica o tecnica, dal momento che una simile decisione viene presa sulla base della stessa concezione e validità di una teoria scientifica, quando essa si candidi a rappresentare il punto di incontro tra due interpretazioni così apparentemente distanti come la meccanica quantistica e la relatività generale. Pertanto, di che cosa stiamo parlando esattamente? Verso la fine della sua lunga esistenza, uno dei più importanti scienziati che possiamo ricordare, Werner Heisenberg, ci invitava a leggere l’insieme delle sue memorie e considerazioni su quella che era stata la sua attività scientifica, e non solo, con un preciso avvertimento: «la fisica nucleare ci obbliga a considerare sotto nuova luce i problemi di fondo della filosofia, dell’etica e della politica. L’autore spera – se non è speranza troppo audace – che questo libro possa contribuire ad ampliare il dibattito su questi temi».
Quindi, verrebbe da domandarci, stiamo parlando di scienza, di filosofia, di politica oppure di che cosa? Appare evidente che, per lo stesso Heisenberg e per la maggior parte dei suoi colleghi del tempo, svolgere un’attività di ricerca scientifica non significhi solamente concentrarsi su aspetti tecnici e sperimentali, come può essere il lavoro e lo studio in laboratorio o la semplice riflessione e sperimentazione matematica. Al contrario, tutto ciò coinvolge molti altri scenari e, di fatto, obbliga ogni studioso e ricercatore a confrontarsi personalmente con diversi aspetti che riguardano l’umanità intera sotto forma di cultura, storia e persino di politica, un termine che nel corso del Novecento ha spaventato e non poco molti addetti ai lavori, geniali e ordinari allo stesso tempo. Nessuna distinzione.
Dobbiamo forse concludere, allora, che parlare di scienza o di tecnologia nasconda molto di più di quanto non possa sembrare ad una prima e fugace occhiata. Ebbene, in questo orizzonte, come si inserisce la teoria delle stringhe e la sua specifica storia? Nel corso del Novecento, specialmente in seguito agli studi di Einstein ed dei suoi colleghi come Heisenberg e Shrödinger, diventa sempre più centrale l’unificazione delle leggi della fisica sotto un unico principio, la ricerca di una teoria del tutto che possa effettivamente spiegare il funzionamento generale dell’universo. La scienza si fa sempre più un fatto intellettuale e politico, nel tentativo di portare alla luce quelle risposte fondamentali per la vita dell’umanità e per lo scioglimento degli enigmi più grandi e irrisolti che il cosmo offre a trecentosessanta gradi.

La teoria delle stringhe non si pone solamente come candidata per un simile e arduo compito, ma aspira a rappresentare anche quel raccordo fondamentale tra la scienza e altre importanti discipline che possono concorrere alla spiegazione generale di tutto ciò che ci circonda, sebbene sia stata, specialmente negli ultimi vent’anni, accusata di essere una teoria del tutto inconcludente e persino controproducente per qualsiasi tipologia di ricerca scientifica. Al fine di mettere in chiaro questi determinati aspetti cominceremo, in primo luogo, con l’affrontare la nascita dell’idea di unificazione all’interno della scienza e delle sue particolari influenze, fino ad arrivare allo sviluppo storico e disciplinare della teoria delle stringhe vera e propria,con le sue evoluzioni e i suoi capovolgimenti di fronte, anche grazie alle diverse ricostruzioni di importanti fisici e pensatori.

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La teoria delle stringhe con la sua storia, allora, diventa il laboratorio privilegiato per la costruzione di un’esigenza di risposte alle grandi domande, più audace e intraprendente, che non abbia il timore di affiancare alla certezza del dato empirico  una sorta di incertezza che, paradossalmente, garantisce approfondimenti e arricchimenti di ogni genere e la fioritura della scienza stessa come disciplina mentale, tecnica, ma anche filosofica.

Cosa può offrire la teoria delle stringhe? Cosa può significare tentare di comprendere ciò che questo particolare studio avrebbe da dirci? 

La teoria delle stringhe spiegata semplicemente

Partiamo da due concetti che conosciamo bene.
Il primo è che tutti noi siamo fatti in tre dimensioni spaziali – altezza, larghezza, profondità – alla quale andrebbe aggiunta una quarta dimensione: il tempo.

Il secondo è che qualsiasi materiale che ci circonda – dalla terra alle nuvole, al corpo umano – è composto di molecole, le quali possono essere divise in particelle sempre più piccole: le molecole sono formate da atomi; gli atomi sono formati da elettroni, neutroni e protoni; neutroni e protoni sono composti da quark.
Come abbiamo visto in un altro articolo, anche i quark sono composti di particelle più piccole ma sembra che una forza particolare ci impedisca di dividerli.

La teoria delle stringhe parte da questi due concetti e li estende. Ci dice, in pratica:
che le dimensioni spaziali attorno a noi non sono tre ma addirittura 10;
– che i quark sono formati da un insieme di filamenti di energia e non da comuni particelle più piccole;
– che riuscendo a manipolare l’energia di cui sopra avremmo la possibilità di creare la materia che desideriamo.

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la teoria delle stringhe spiega che i quark sono formati da un insieme di filamenti di energia. Questi filamenti di energia sono simili a corde (da qua il nome di «stringa», dall’inglese string che significa «corda»).
Ognuna di queste corde vibra in modo diverso: in base al “tono di vibrazione”, i filamenti di energia producono particelle diverse.
Stiamo parlando di tutte le particelle che compongono il nostro mondo e il nostro universo: materia, energia, spazio e tempo esistono grazie alla vibrazione di queste corde. Il modo diverso in cui queste corde vengono fatte vibrare determina la nascita di una o dell’altra particella.

Ma abbiamo anche parlato di 10 dimensioni spaziali. Il fatto è che, matematicamente, la teoria delle stringhe non funziona in un universo fatto di sole 3 dimensioni. Con un’equazione è possibile dimostrare che può funzionare unicamente in un universo dotato di 10 dimensioni spaziali e una temporale.
Ecco perché i sostenitori della teoria sono certi che debbano esistere almeno 10 dimensioni spaziali.

Perché noi vediamo soltanto tre dimensioni? La risposta potrebbe essere più semplice di quanto si creda. Brian Greene ci offre un esempio terra a terra.
Immaginate i fili della luce che ci sono in strada tra due piloni e immaginate di osservarli da lontano. Dalla distanza i fili ci sembrano in due dimensioni. Ma se ci avviciniamo vediamo chiaramente che sono in tre dimensioni.
Allo stesso modo, per noi è impossibile vedere le dimensioni oltre la terza perché sono raggomitolate tra loro: sono troppo piccole perché possiamo osservarle senza “zoomare”. Quando si studia la scienza si fa uso di circa 20 numeri che descrivono il nostro Universo: massa delle particelle, elettroni, quark, forza di gravità, la potenza della forza elettromagnetica, ecc.. Il nostro universo è esattamente come ci appare perché questi numeri hanno il valore che conosciamo. Una modifica a questi numeri porterebbe il nostro Universo a scomparire. Ma nessuno sa spiegare perché questi numeri abbiano i particolari valori che hanno, invece di averne altri
La teoria delle stringhe suggerisce che quei 20 valori abbiano a che fare con le dimensioni aggiuntive. I 20 numeri sono il risultato di come le stringhe possono vibrare.
Quella delle stringhe è una teoria rivoluzionaria. Poniamo che in futuro i fisici riusciranno a confermarla: avremo trovato finalmente una “teoria del tutto” capace di spiegare come nascono i vari tipi di materia e particelle. Una legge capace di spiegare come nascono tutte le forze fisiche fondamentali.Una volta capito come funziona la vibrazione delle corde, cioè come possono essere messe in moto a piacimento, potremmo farle vibrare con i toni che desideriamo e quindi manipolare la materia e l’energia che preferiamo.

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La teoria delle stringhe ci ha  consentito di riflettere sulle cause per cui la fisica e, più in generale la scienza è entrata in un vortice di crisi e di incertezza e nello stesso tempo acquisire consapevolezza non solo dei limiti della scienza stessa, ma della necessità di allargare il punto di vista per poter affrontare meglio le sfide cui saremo inevitabilmente sottoposti in futuro. Se fisici come Smolin, Susskind o Greene divergono sulle diverse teorie e soluzioni , risultano essere assolutamente d’accordo su un punto: il futuro della fisica è legato ad una diversa consapevolezza degli obiettivi e degli strumenti che possediamo, ovvero ad un allargamento degli orizzonti per capire come funziona realmente la scienza.

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