Modelli matematici ed accenni alla Biomatematica

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Biomatematica


Immersi nella spiaggia cosmica, trasportati da un piccolo granello di polvere, non abbiamo mai smesso di interrogarci sulla nostra origine. La natura della vita sulla terra e la ricerca della vita altrove nell’universo convergono ad un’unica sfida: la ricerca di ciò che siamo.

Indice

Introduzione

Un modello, dal latino modulus (diminutivo di modus,misura),è un oggetto, o un concetto, che è usato per rappresentare qualcosa d’altro.
I modelli sono costruiti ed usati perchè essi possono avere caratteristiche desiderabili che sono assenti nell’ originale (il prototipo); ad esempio un modello può essere meno costoso, più facilmente manipolabile e controllabile dell’originale.


Processo di costruzione di un modello matematico
La costruzione di modelli concettuali è una parte essenziale della nostra interazione con il mondo e la base della indagine scientifica.
In particolare, un modello matematico è un modello che ha come componenti concetti matematici, come costanti, variabili, funzioni, equazioni,. . .
La matematica, a tutti gli effetti, risulta essere il linguaggio della ricerca scientifica.
Il tratto caratteristico della matematica è quello di usare concetti astratti ed idealizzati.
Le nozioni, ad esempio, di “retta”, “numero” non indicano oggetti reali, particolari, ma modelli immaginari di oggetti esistenti in natura.
Anche in medicina, in chimica,. . . , si usano astrazioni; ad esempio, il “paziente”, il “metabolismo”, l’“ormone”, la “molecola”,. . .
L’astrazione permette di costruire modelli (descrizioni) di validità ed utilità generali.
Il modello astratto permette, eliminando i dettagli concreti, particolari, di semplificare lo studio del sistema considerato, evidenziando gli aspetti di maggiore interesse.


La parola ‘modello’ implica originariamente un cambiamento di scala nella sua rappresentazione. Attualmente, tale significato rimane nel senso che un modello, ad esempio matematico, rappresenta un cambiamento sulla scala di astrazione: per ottenere il modello certi particolari vengono rimossi e vengono introdotte delle semplificazioni.

Il valore di un modello è determinato dall’ utilità che esso presenta nello studio del mondo reale.

Difficoltà nella costruzione e nell’uso di un modello matematico

• Importanza dei dati sperimentali; possibile inadeguatezza.
• Modello matematico troppo complicato (impossibilità o difficoltà per la risoluzione del modello matematico).
• Importanza della risoluzione numerica (simulazione su calcolatore).
• Difficoltà di collaborazione tra teorici e sperimentali.

Generalità sui modelli matematici

I modelli matematici possono essere distinti, per comodità di trattazione, nei seguenti due tipi:

Modelli di conoscenza : sono ottenuti traducendo matematicamente le leggi fisiche, chimiche, alle quali obbedisce il sistema reale studiato (conservazione della massa, della quantità d’energia, di moto, eccetera). Tali leggi sono del resto esse stesse dei modelli ormai accettati.
Modelli di simulazione (Black box): ignorano i meccanismi fisici, chimici intrinseci al sistema e propongono a priori delle equazioni, che occorre “aggiustare” mediante un processo di identificazione, a partire dai dati sperimentali.

Nella pratica, si è spesso in una situazione intermedia tra i due casi precedenti, in quanto i modelli di conoscenza esigono che il fenomeno sia perfettamente conosciuto e che le leggi alle quali esso obbedisce siano ben quantificate.
Per uno stesso fenomeno, si possono naturalmente avere differenti modelli, basati su approssimazioni differenti.
Gli obiettivi della ricerca forniscono in generale i criteri per una scelta particolare. Decisamente importante in questa fase la collaborazione tra il matematico ed lo sperimentatore. In maniera schematica si ha:

Ruolo dello sperimentale: porre problemi, fornire dati sperimentali, controllare i risultati forniti dal matematico.
Ruolo del matematico: ipotizzare modelli, risolverli, perfezionarli sulla base del confronto con i risultati sperimentali, suggerire opportune sperimentazioni.

La costruzione di un buon modello è il risultato di un lavoro interdisciplinare (biologi, matematici, fisici, informatici, . . . ).

Processo di costruzione di un modello matematico

Semplicità e complessità.

Cosa si vuole intendere con la parola “semplice”? Se ci si limita a considerare la mente umana, semplice può essere un modello che ci facciamo della realtà. Si consideri un cubetto di un grammo di sale: al suo interno ci sono 1019 molecole. Si stima che, nel cervello, le informazioni siano memorizzate come cambiamenti chimici nei dendriti (punti di connessione tra i neuroni) e che la capacità totale non superi 10 15 informazioni . Da questo punto di vista può sembrare che non potremmo mai essere in grado di conoscere un cubetto di sale, tuttavia ci riusciamo. Come? Modellizzando il problema e descrivendolo come un cristallo di NaCl, formato da un reticolo fondamentale ripetuto.

Cosa si vuole intendere, quindi, con la parola “complesso”? E come possiamo distinguere una cosa semplice da una complessa? Proviamo a servirci dell’idea matematica di probabilità:
una cosa è complessa se le parti di cui è composta sono organizzate in modo tale che è improbabile che abbiano avuto origine in virtù soltanto del caso. Se si considera una cellula e la si scompone in atomi, la probabilità che da una tale combinazione casuale venga prodotta una cellula funzionante è impercettibilmente piccola: a fini pratici equivale a zero. Esistono miliardi di modi possibili di combinare questi atomi e solo uno, o pochissimi, di essi possono costituire effettivamente una cellula.

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Vita e principio di continuità

La vita, con la sua incantevole biodiversità, è l’esperienza più comune che ci circonda, eppure la scienza non sa ancora dirci di preciso come si sia originata sulla Terra. È verificato che quattro miliardi di anni fa la Terra era una sfera di materiale incandescente, ma tre miliardi e mezzo di anni fa pullulava già di microorganismi unicellulari. Com’è avvenuto questo passaggio da non-vita a vita?
L’origine è dovuta al caso, oppure a un disegno obbligato delle leggi naturali?
Prima di tutto è necessario chiedersi cosa si intende con la parola vita e come sia possibile distinguere qualcosa vivo da qualcosa non vivo. Si possono analizzare cinque tra le più ricorrenti definizioni:
1. Psicologica: la vita è un sistema capace di svolgere una serie di funzioni in modo autonomo (Le città sono vive?);
2. Metabolica: la vita è utilizzo di energia in modo da consentire movimento, crescita e/o riproduzione (Il fuoco è vivo?);
3. Termodinamica: la vita è un sistema auto-contenuto che acquista energia in modo da creare un ordine locale (I cristalli sono vivi?);
4. Biochimica: la vita è un complesso di informazioni ereditarie riproducibili (I virus sono vivi?);
5. Genetica: la vita è un sistema autosufficiente capace di evolvere in senso darwiniano (I software e le idee sono vivi?);
Come è possibile notare, le definizioni sono ambigue e finiscono per classificare vivi degli oggetti che abitualmente non si reputano tali. Qual è quindi la definizione più adatta? È forse una via di mezzo tra queste, oppure è più corretto dire che il termine vita è esso stesso una definizione? Come in ambito evoluzionistico si preferisce non conferire un inizio nel tempo alla specie Homo e a una qualsiasi altra specie animale, è possibile che la vita non sia qualcosa di determinabile, ma un costante emergere di proprietà, a cui abbiamo assegnato un nome.
Ernst Haeckel, nel 1866 rilevava il “principio di continuità”, vale a dire che non vi è differenza di qualità tra materia inanimata e il mondo animato e che ci deve perciò essere un flusso naturale e continuo tra l’una e l’altro.

Lo scienziato russo Oparin fu il primo a costruire una teoria scientifica sulla transizione spontanea dal semplice al complesso, cioè dal mondo inorganico a quello organico degli esseri viventi. La teoria fu avanzata contemporaneamente dal biologo inglese John B. S. Haldane.
Da questo punto di vista ciò che noi definiamo vita corrisponde con la complessità dal punto di vista biologico.

Biomatematica: modelli e complessità

«Le scienze non cercano di spiegare, a malapena tentano di interpretare, ma fanno soprattutto dei
modelli. Per modello si intende un costrutto matematico che descrive dei fenomeni osservati. La
giustificazione di un costrutto matematico del genere è soltanto e precisamente che ci si aspetta che funzioni, cioè descriva correttamente i fenomeni in un’area ragionevolmente ampia. Inoltre esso deve soddisfare certi criteri estetici, cioè in relazione con la quantità di descrizione che fornisce deve essere piuttosto semplice».
– John von Neumann

Come si raggiunge la complessità in natura? La descrizione adeguata dell’evoluzione temporale di una generica popolazione richiede una modellizzazione matematica. Questa è possibile soltanto tramite un approccio empirico, ossia analizzando in primo luogo l’evoluzione di una popolazione nel tempo e, soltanto in seguito, elaborare un modello che possa descrivere precisamente ogni dato misurato. Anche se il modello è corretto, non sempre è possibile prevedere le variazioni future.
In molti casi si ha a che fare con sistemi che mostrano un comportamento caotico, o con i cosiddetti problemi NP-difficili (o NP-Hard: “nondetermistic polynomial-time hard”), che date le tecnologie di computazione attuali richiederebbero un tempo enorme per essere risolti. Da un punto di vista teorico, lo studio dei problemi NP-difficili è un aspetto essenziale della ricerca sui problemi aperti della complessità.

Modelli a tempo discreto e modelli a tempo continuo

I modelli a tempo discreto sono quelli in cui la variabile tempo è considerata discreta i tempi sono distanziati da intervalli che per comodità si considerano spesso di lunghezza pari ad 1. Si devono usare necessariamente quando si hanno popolazioni che si riproducono stagionalmente o popolazioni soggette a metamorfosi in cui una generazione esiste quando la precedente è estinta. Un esempio di questo tipo di modello è la cosiddetta crescita malthusiana discreta.
Consideriamo la scissione binaria, ossia il processo di riproduzione asessuata di organismi in base al quale da un individuo si ottengono due individui figli tra loro identici. La velocità con cui si riproducono varia da fattori ambientali, ad esempio il liquido nutrizionale in cui vengono coltivati, la temperatura della coltura e altri fattori intrinsechi. Il meccanismo di crescita è il seguente: da una cellula ne nascono 2 da 2 diventano 4 e così via… Considerando il tempo discreto ad intervalli uguali al tempo di generazione, indichiamo con Nt e Nt+1 il numero degli individui al tempo t e t+1.
L’equazione che descrive la crescita è:

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         (1) 𝑁𝑡+1= 2𝑁𝑡

Dopo un tempo t = n generazioni, il numero degli individui sarà:

(2) 𝑁𝑡= 𝑁0⋅ 2𝑡

L’equazione (2) si può generalizzare introducendo un parametro r, detto tasso finito di crescita.
(3) 𝑁𝑡= 𝑁0⋅ 𝑟𝑡

In conclusione, la dinamica malthusiana discreta è caratterizzata dall’equazione alle differenze di 1° ordine (perché lega solo due valori consecutivi della successione Nt) lineare omogenea (perché il secondo membro è una funzione lineare omogenea di Nt). La soluzione è fornita dalla (3) essendo r un parametro costante per la popolazione. Evidentemente se r > 1 la popolazione cresce a dismisura, se r = 1 la popolazione rimane costante, se r < 1 la popolazione decresce e tende all’estinzione.
Il modello può essere ampliato con costanti che descrivono l’immigrazione e l’emigrazione, tuttavia rimane indipendente dalla densità: nelle successive iterazioni il numero degli individui è una funzione lineare del numero di individui al passo precedente. Quando si trattano sistemi complessi, questo metodo risulta troppo riduttivo, quindi è necessario formulare modelli dipendenti dalla densità come vedremo nel prossimo paragrafo.

I modelli a tempo continuo sono quelli in cui il tempo è considerato una variabile continua in quanto in ogni istante c’è una variazione della popolazione; ad esempio nella popolazione umana mondiale in ogni istante ci sono nascite e morti, nella crescita di un gran numero batteri in cui in ogni istante c’è una proliferazione. In Ecologia i modelli delle popolazioni sono molto importanti per studiare gli ecosistemi e la loro evoluzione nel tempo: capire se una popolazione si estinguerà o crescerà eccessivamente, si stabilizzerà in un equilibrio stabile oppure se piccole perturbazioni possono allontanarla da quell’equilibrio.
I modelli matematici hanno un ruolo importante anche in Demografia ed Economia: permettono di fare delle previsioni sul futuro economico e sociale di una popolazione e di conseguenza danno indicazioni sulle scelte da fare per lo sviluppo corretto di una società e di una nazione.

Modelli dipendenti dalla densità

Si è visto che il modello malthusiano è valido in ipotesi piuttosto restrittive. Quando per esempio esiste sovraffollamento con conseguente effetto di competizione intraspecifica, il tasso di crescita non si mantiene più costante, ma diminuisce all’aumentare degli individui. Supponiamo che l’evoluzione della popolazione sia retta da un’equazione alle differenze del tipo:

(4) 𝑁𝑡+1= 𝑁𝑡𝐹(𝑁𝑡) = 𝑓(𝑁𝑡)

F(Nt) è il tasso di crescita che dipende da Nt, se fosse costante si ricade nella dinamica malthusiana. La funzione f(Nt) deve essere ≥ 0, per descrivere che quando Nt è “piccolo” la popolazione tende ad aumentare la riproduzione, mentre si ha l’effetto opposto nel caso contrario.

𝑁1= 𝑓(𝑁0)

𝑁2= 𝑓(𝑁1) = 𝑓(𝑓(𝑁0)) = 𝑓2(𝑁0)
……
(5) 𝑵𝒕= 𝒇𝒕(𝑵𝟎)

CRESCITA LOGISTICA

Il matematico belga Pierre Verhulst individuò un modello nel quale la curva demografica passa da un andamento inizialmente esponenziale (concavità verso l’alto della curva) a un andamento con la concavità verso il basso tendendo nel tempo ad assestarsi in una posizione di equilibrio. Un modello dipendente dalla densità.

CRESCITA LOGISTICA

Si dice che N* è un punto di equilibrio, se la soluzione con condizione iniziale N0 = N* ha come soluzione Nt = N* per ogni t = 0, 1, 2… Un punto di equilibrio N* è stabile se ogni soluzione con condizione iniziale “vicino” a N* rimane nel tempo in un intorno di N*. La stabilità così definita è dunque una proprietà locale. Inoltre N* è asintoticamente stabile se oltre ad essere stabile si hache per 𝑡 → ∞, 𝑁𝑡→ 𝑁∗

È evidente che lo zero è sempre soluzione della (5) cioè punto di equilibrio che corrisponde all’estinzione della popolazione, i punti diversi da 0 si determinano dall’equazione: F(N*) = 1.
Tuttavia, in generale, non è possibile determinare esplicitamente la soluzione, ma è possibile analizzare qualitativamente il comportamento della soluzione.

Equazione logistica discreta

 

L’equazione logistica discreta prende il nome dal modello continuo introdotto da Verhulst in cui si usa per la prima volta il termine logistico riferendosi all’andamento di crescita di una popolazione in cui si evidenzia una crescita data da una funzione che inizialmente sembra avere un comportamento analogo alla crescita esponenziale, poi si ha un punto di flesso: la crescita rallenta e la popolazione tende all’equilibrio.
Il modello descrive il comportamento di una popolazione isolata in cui si tiene conto della competizione fra gli individui e si ipotizza che il tasso di crescita F(Nt) sia decrescente linearmente
con Nt cioè:

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(1) 𝐹(𝑁𝑡) = 𝑎 − 𝑏𝑁𝑡      𝑐𝑜𝑛 𝑎, 𝑏 > 0

L’equazione della dinamica è allora:

(3) 𝑁𝑡+1= 𝑎 (1 −𝑁𝑡/𝑘)𝑁𝑡 𝑐𝑜𝑛 𝑘 =𝑎/𝑏

Nell’equazione (3) viene introdotta k, la capacità dell’ambiente; k rappresenta il valore che la popolazione non supera, poiché partendo da una condizione iniziale 0 < N0< k, i valori Nt si mantengono tra 0 e k per ogni t.

A questo punto si opera un cambio di variabili ponendo 𝒙𝒕= 𝑵𝒕/𝒌 nell’equazione (3):
(4) 𝑥𝑡+1= 𝑎(1 − 𝑥𝑡)𝑥𝑡 con 𝑡 = 0, 1, 2…

L’equazione apparentemente semplice presenta, per quanto riguarda la sua soluzione, dei comportamenti molto complessi al variare del parametro a. Si osservi che se x0 = 1 ha soluzione nulla e se x0 = 1/a la soluzione è costante uguale a 𝒙=𝒂 − 𝟏/𝒂

Poiché 𝑥𝑡≥ 0 ⇒ 0 ≤ 𝑥𝑡≤ 1 e  0 ≤ 𝑓(𝑥𝑡) ≤ 1 quindi 0 ≤ 𝑎 ≤ 4 (affinché l’immagine di un punto dell’intervallo [0,1] venga trasformata ancora in un punto di [0,1].
Il polinomio  𝒇(𝒙) = 𝒂𝒙(𝟏 − 𝒙)  è detto mappa logistica (fu studiata per la prima volta da Robert May) e il grafico è una parabola di vertice (1/2, a/4).
Il coefficiente angolare della retta tangente a f(x) nel punto di equilibrio, che caratterizza il comportamento della soluzione intorno al punto di equilibrio, determina i seguenti comportamenti:

1) Se 𝒂 < 𝟏 esiste solo il punto di equilibrio 0 che è asintoticamente globalmente stabile cioè qualunque sia x0 le traiettorie sono “attratte” da 0.

2) Se 𝟏 < 𝒂 ≤ 𝟑 ci sono due equilibri e si ha:
i. se 1 < a < 3, x* è globalmente stabile attrattivo.
ii. se a = 3, la convergenza a x* è molto lenta.

3) Se 𝟑 < 𝒂 < 𝟏 + √𝟔 = 𝟑, 𝟒𝟒𝟗… compare un’orbita periodica di periodo 2 (stabile).

4) Se 𝟏 + √𝟔 < 𝒂 < 𝟏 + √𝟖 = 𝟑, 𝟖𝟐𝟖… il comportamento è molto complesso: ci sono orbite di periodi 4,8,16…

5) Se 𝒂 >𝟏 + √𝟖 appare una dinamica caotica: il caos deterministico.

I valori del parametro nei quali avviene il cambiamento del comportamento della soluzione si dicono valori di biforcazione. L’equazione logistica discreta costituisce un paradigma tipico dei  sistemi dinamici non lineari. Tali sistemi sono sensibili alle condizioni iniziali, cioè anche se si scelgono due punti vicini le soluzioni corrispondenti a tali condizioni iniziali nel tempo possono differire di molto: piccole variazioni iniziali possono produrre a lungo termine grandi variazioni.
Questi effetti si hanno nel campo della Fisica in particolare nella Meteorologia: Nel 1976 il meteorologo Edward Lorenz (1917-2008) fu il primo ad evidenziare questo fenomeno che è noto  come effetto farfalla: “un battito d’ali di una farfalla in Brasile può creare un uragano in Texas”.

La conseguenza pratica dell’effetto farfalla è che i sistemi complessi (es. clima, mercato azionario, mode, società) sono difficili da prevedere su una scala di tempo utile. Questo perché ogni modello finito che tenti di simulare un sistema deve necessariamente eliminare alcune informazioni sulle condizioni iniziali – ad esempio, quando si simula il tempo atmosferico, non è possibile includere anche lo spostamento d’aria causato da ogni singola farfalla. In un sistema caotico, questi errori di approssimazione tendono ad aumentare via via che la simulazione procede nel tempo, e, al limite, l’errore residuo nella simulazione supera il risultato stesso. In questi casi, in sostanza, le previsioni di una simulazione non sono più attendibili se spinte oltre una certa soglia di tempo.

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