Applicazioni della matematica alle scienze non fisiche. Dalla macroeconomia al vaccino anti-vaiolo

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Applicazioni della matematica alle scienze non fisiche


Indice

Come la matematica ha esteso il suo dominio nel tempo

Non è sorprendente che, nel Settecento, il successo della fisica galileiana e newtoniana abbia suggerito di applicarne i metodi ad altri campi della conoscenza, in particolare a quelli del vivente e a quelli della sfera umana: rapporti sociali, economici.

Può apparire a prima vista più sorprendente che tale trasferimento di metodi si sia verificato prima e più intensamente nel campo della sfera dei rapporti interumani, nonostante questa sia ben più complessa della sfera del vivente. A ben vedere, ciò non deve invece sorprendere perché l’applicazione dei metodi rigorosi mutuati dalla fisica-matematica sembrava poter essere lo strumento ideale per
risolvere le drammatiche diseguaglianze sociali e le crisi economiche che affliggevano le società europee dell’epoca.
Tuttavia, ci si rese presto conto che il trasferimento di metodi non era affatto semplice e conduceva a problemi estremamente difficili: la differenza fondamentale tra lo studio matematico del moto dei corpi celesti o terrestri e quello delle realtà sociali o economiche consiste nel fatto che nel primo caso ci si deve limitare a descrivere un sistema che sembrava regolato da leggi naturali le quali, soprattutto nel caso dei
corpi celesti, apparivano semplici e di cui non era possibile di modificarne il corso; tutt’altra cosa, invece, descrivere un sistema caotico e  le leggi naturali del comportamento umano ideale, che gli uomini stessi avevano perturbato con i loro interventi irrazionali e insensati e che, una volta individuate e ripristinate, avrebbero condotto il sistema sociale in una condizione di equità, di massima felicità possibile per tutti, di “equilibrio”. Inutile dire che determinare cosa sia la “natura umana” nella sua essenza ideale si dimostrò un compito proibitivo.


Matematica ed Economia

Nel campo delle applicazioni della matematica all’economia il modello che prevalse – e che ancor oggi è il riferimento fondamentale – è quello dell’homo oeconomicus, ovvero di un uomo la cui razionalità è definita dalle seguenti regole di comportamento: è un essere dotato di una conoscenza completa dei meccanismi del mercato e del suo stato in tutti i dettagli e che mira all’ottenimento del massimo vantaggio possibile per sé. Sono due caratteristiche spesso riassunte con i termini: infinita lungimiranza e illimitato egoismo. L’ipotesi è che, se tutti gli agenti economici possedessero tali caratteristiche e si comportassero in questo modo “razionale”, il sistema raggiungerebbe uno stato di equilibrio e le azioni di tutti i soggetti troverebbero una forma di compatibilità.

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Matematica e Scienze Biologiche e Sociali

Lo sviluppo di tematiche quantitative nel campo biologico e sociale fu grandemente stimolato dallo studio delle tavole di mortalità, a partire dal Seicento, il quale era suggerito da problematiche nuove come quelle delle assicurazioni sulla vita e degli assegni di pensione per i funzionari pubblici. Ma un vero e proprio processo di matematizzazione si manifestò soltanto quando dalle masse dei dati si passò al tentativo di stabilire vere e proprie leggi della dinamica di una popolazione, oppure al tentativo di formulare “modelli” per dare una risposta scientifica rigorosa a problemi complicati e irrisolti.




Il vaccino anti-vaiolo

Tale è il caso del celebre problema dell’inoculazione del vaiolo, che può essere considerato come il primo caso importante di matematizzazione di un problema biologico, in cui intervennero aspetti di dinamica di popolazione e di dinamica di un’epidemia.
La vicenda è abbastanza nota e ci limiteremo a ricordarla rapidamente. Poche malattie influenzarono il corso di un secolo come il vaiolo nel Settecento: questa terribile malattia decimò intere generazioni. Quando si scoprì casualmente che l’inoculazione del siero vaccino infetto produceva una forma attenuata della malattia, apparentemente meno letale e suscettibile di produrre immunità – come in ogni caso di sopravvivenza dall’infezione – si formarono due fronti contrapposti: quello di chi suggeriva, in nome del progresso, l’opportunità di inoculare; e quello di chi vi si opponeva dichiarando l’inammissibilità di ogni perturbazione dell’ordine naturale e di un atto che avrebbe provocato deliberatamente la morte di un certo numero d’individui.

 Il vaccino antivaiolo, il primo vaccino efficace mai sviluppato, è stato introdotto da Edward Jenner nel 1796. Jenner aveva notato che le mungitrici che si erano infettate con il vaiolo bovino, in seguito non sviluppavano più il vaiolo, il che mostrava come l’inoculazione di vaiolo bovino proteggesse contro il vaiolo.

Il termine vaccino deriva dalla parola variolae vaccinae (cioè «vaiolo della vacca»), il termine ideato da Jenner per indicare il vaiolo bovino.

Il termine vaccinazione sostituì presto la dizione “inoculazione da vaiolo della mucca”, e fu usato per la prima volta in un documento che fu dato alle stampe da un amico di Jenner, Richard Dunning nel 1800.

Inizialmente, il termine vaccino/vaccinazione fu riservato al solo vaiolo, ma nel 1881 Louis Pasteur propose di onorare la scoperta di Jenner utilizzando il termine anche per le nuove e future procedure.

Fonte: Wikipedia

Al matematico Daniel Bernoulli (1700-1782) parve che il modo migliore per dirimere la questione fosse quello di dimostrare in termini matematici esatti i vantaggi dell’inoculazione. In una memoria presentata all’Accademia delle Scienze di Parigi nel 1765, egli derivò da alcune ipotesi semplificatrici – come la costanza della probabilità di morire per un infetto di vaiolo indipendentemente dall’età – il numero di persone che sarebbero dovute morire in un dato periodo e il guadagno medio nell’aspettativa di vita per gli inoculati. Il confronto con le tavole di mortalità disponibili convalidava il risultato matematico di Bernoulli, e suggeriva che l’inoculazione eramvantaggiosa. Il lavoro di Bernoulli suscitò la discesa in campomdi un altro celebre matematico, Jean d’Alembert (1717-1783)che, in una memoria pubblicata nello stesso anno, pur condividendo in linea di principio l’opportunità dell’inoculazione, attaccò Bernoulli sul piano strettamente scientifico. Egli non soltanto tentò di dimostrare l’inadeguatezza del calcolo delle probabilità nello studio di problemi come questo ma, in generale, manifestò il suo scetticismo per la matematizzazione di fenomeni comequesti. Si era nell’epoca in cui un celebre matematico e intellettuale del periodo illuminista e della Rivoluzione  francese, il marchese di Condorcet (1743-1794), predicava la necessità di gestire i problemi sociali mediante la matematica ed enunciava un ambiziosissimo programma di “matematica sociale” basato sull’uso estensivo del calcolo delle probabilità.
Ma fu un passaggio breve come una meteora. Alla fine prevalse lo scetticismo alla d’Alembert, nella forma radicale del nascente movimento romantico: la matematica è adatta allo studio dei fenomeni inanimati e i processi in cui è in gioco la libertà di scelta – caratteristica tipica dell’uomo – sono irriducibili all’algebra o alle probabilità. Per lungo tempo i tentativi di matematizzare le scienze sociali o economiche trovarono l’opposizione congiunta sia degli scienziati naturali che degli scienziati sociali (allora si parlava piuttosto di “scienze morali”).

Anche la matematizzazione della biologia abortì sul nascere e, per tutto il corso dell’Ottocento, la biologia non conoscerà niente di più che l’uso di metodi statistici e non vedrà mai tentativi organici di costituzione di una “biologia matematica”. Sarebbe più corretto dire: quasi mai. Il caso dell’enunciazione della legge esponenziale di crescita di una popolazione da parte di Malthus e della legge logistica da parte di Pierre Verhulst:

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sono eccezioni che confermano la regola. I lavori di Verhulst verranno ignorati, e riscoperti soltanto nel 1920 dallo zoologo statunitense Raymond Pearl: fu Vito Volterra a dare il nome di “effetto Verhulst-Pearl” alla curva logistica.

 

 

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