Il Teorema di Lagrange in autostrada, tra autovelox e tutor

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Il Teorema di Lagrange in autostrada tra autovelox e tutor


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Si viaggiare…..

A chi di voi non è mai venuto voglia di partire?
Non parlo del solito viaggio ai Caraibi, della voglia di staccare dal lavoro, dallo studio o della necessità quasi fisiologica di immergere il proprio corpo dentro acqua salata a 25 °C, ma di partire in automobile e di notte.

Generalmente, quando si intraprende un lungo viaggio in automobile, si tende a resettare a zero il contachilometri in modo tale da vedere quanta strada si è percorsa. Se qualche tempo fa era un modo di ottenere l’informazione sullo spazio percorso, con l’avvento di internet, delle guide e delle mappe online, questo non è più necessario; però qualcuno lo fa lo stesso anche per… controllare se il tale sito o la mappa interattiva hanno davvero ragione. Giunti alla meta, una delle operazioni più intuitive e naturali che si possono compiere è esaminare quanta strada si è appena percorsa (ma solo dopo essere scesi dall’automobile ed essersi stiracchiati per bene, si intende), prendere il tempo che
abbiamo impiegato ed eseguire un rapporto strada fatta/tempo impiegato. Il risultato sarà un numero che ci indicherà una velocità; per convincerci fino in fondo di ciò basta considerare che stiamo dividendo uno spazio (misurato in chilometri) per un tempo (in ore); quel che ne che risulta è misurato in chilometri orari, proprio l’unità di misura della velocità.


Ma quale velocità viene fuori?

Che significato ha questo numero?

Facciamo un esempio pratico e verosimile: per andare in Calabria partendo da Milano, i chilometri percorsi sono pressappoco 1.300 e il tempo impiegato circa 14 ore.
Eseguendo la divisione 1.300/14, il risultato è circa 93 chilometri l’ora; significa che 93 km/h sarebbe la velocità che dovremmo mantenere ininterrottamente per 14 ore per 1.300 km. Ovviamente, quando si fa un viaggio in autostrada non è pensabile andare sempre alla stessa velocità: ci sono curve, rettilinei dove accelerare, ma soprattutto soste da fare, carburante da mettere nel serbatoio, pedaggi da pagare e traffico nel quale districarsi.

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La velocità che risulta dalla nostra semplice divisione si chiama velocità media: la possiamo immaginare come un indicatore che ci riporta un dato sintetico e rilevante. Per esempio, ci indica quanto tempo abbiamo perso in totale per le soste. Se infatti abbiamo mantenuto una velocità costante di – supponiamo – circa 120 km/h e la media risulterà di 90 km/h, vuol dire che abbiamo dedicato parecchio tempo alle soste. Per vedere quanto, è necessario sapere quanto è durato il viaggio.

Un altro caso in cui si deve prestare attenzione alle media è quando si vuole fare un calcolo su due tipologie di strada. Supponiamo di dover percorrere 240 km in autostrada e poi di affrontare ben 210 km su strade statali.
Ipotizziamo che la velocità media per l’autostrada sia 120 km/h e 60 km/h per il resto del tragitto. Allora, per stimare il tempo totale di percorrenza, potrebbe venirci in mente di calcolare il tempo totale; saremmo portati a operare la media delle velocità, e quindi:

Il Teorema di Lagrange in autostrada

Ottenendo così 90 km/h.

Ora potremmo considerare lo spazio totale da percorre, che è 240+210=450 km, e affermare che, andando a 90 km/h, in 5 ore avremo
percorso la strada. Dicevo che bisogna fare molta attenzione perché questo ragionamento è sbagliato. Infatti la velocità media calcolata come abbiamo fatto poco fa ha senso solo se l’auto fosse andata a 120 km/h e a 60 km/h per lo stesso lasso di tempo. Ma nessuno ce lo assicura, anzi vediamo come vanno davvero le cose.
Per il primo tragitto, quello autostradale, ci sono 240 km da compiere a 120 km/h, per il quale saranno necessarie 2 ore. Per il secondo ci sono 210 km da coprire a 60 km/h: per questo servono 3,5 ore. Facendo la somma dei tempi parziali, otteniamo 5,5 ore e non 5. Se volessimo sapere qual è realmente la velocità media, dovremmo allora prendere il tragitto totale di 450 km e dividerlo per il tempo totale di 5,5 ore ottenendo circa 81,9 km/h.

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Il teorema di Lagrange

Supponiamo che una funzione rappresenti l’andamento della velocità di un’automobile sull’autostrada. Nell’ipotesi che sia sufficientemente “liscia”, cioè tale che sia continua e ogni suo punto abbia una tangente, tracciando il segmento che unisce gli estremi di f(x) nell’intervallo considerato, essa intersecherà f(x) in almeno due punti. Ora se spostiamo idealmente questa retta verso il basso, sempre mantenendola parallela con la stessa pendenza, notiamo che essa andrà a coincidere con la retta tangente alla curva nel punto c. Il teorema di Lagrange afferma che sotto le ipotesi di regolarità di cui sopra, esiste un punto c, tale che la tangente in quel punto ha la stessa pendenza del segmento congiungente gli estremi del grafico.

Il Teorema di Lagrange
In altre parole, durante l’andamento dell’automobile in autostrada ci sarà sicuramente un momento in cui l’automobile andrà alla sua velocità media.

Come funzionano gli autovelox ed i tutor

I sistemi di controllo della velocità in autostrada sono da sempre una croce per gli automobilisti italiani. La sicurezza stradale è un argomento davvero importante e purtroppo ancora oggi, con i mezzi di cui disponiamo, si verificano tanti incidenti dovuti, per un’alta percentuale, alla velocità troppo elevata. Nei viaggi diversi viaggi in auto che ho fatto mi sono spesso chiesta come facessero i sistemi a determinare la velocità con accuratezza.
Dopo i famosi autovelox, sono stati introdotti altri sistemi che si chiamano “tutor”.

Entrambi usano il teorema della media ma, mentre possiamo pensare che l’autovelox calcoli la velocità istantanea, il tutor calcola quella media su un tragitto abbastanza breve. Entrambi, in realtà, registrano quanto tempo trascorre dal passaggio in un punto a un altro della strada e poi operano semplicemente la divisione spazio/tempo che restituisce la velocità. Certo che più l’intervallo di tempo è breve e più l’informazione trovata sarà vicina alla velocità istantanea; infatti l’autovelox funziona proprio così, cioè riducendo moltissimo l’intervallo; il tutor, invece, si prefigge un obiettivo diverso. Infatti se per esempio prendessi il tempo di ingresso e di uscita da una galleria di lunghezza nota, la media potrebbe essere sotto il limite di velocità ma l’automobile potrebbe anche essere andata velocissima per un certo tratto e poi pianissimo alla fine per “compensare”. Di sicuro, però, se la velocità media è oltre il limite, vuol dire che esso è stato superato: ci deve quindi essere stato almeno un momento in cui l’automobile è andata alla sua velocità media. E, dato che chi supera il limite lo fa per tragitti abbastanza lunghi, per esempio la lunghezza di una galleria mediamente lunga, il tutor rappresenta un metodo efficace per determinare situazioni illecite.
I due sistemi hanno scopi diversi, credo. A volte può succedere di superare il limite per un breve tratto, magari per affrettarci a compiere un sorpasso, e se proprio in quel momento ci fosse un autovelox prenderemmo la multa. Ma se invece c’è un sistema tutor che guarda la nostra media su un tragitto più lungo non succederà, sempre che dopo il sorpasso torniamo entro i limiti.

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Due sistemi di controllo, quindi, che hanno obiettivi diversi ma il cui funzionamento si basa sullo stesso teorema.

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